La domanda a cui ci si propone di rispondere con il presente contributo è quella relativa a quali siano le condizioni e i requisiti necessari per poter tutelare i prodotti dell’industrial design attraverso il diritto d’autore.
La domanda (ri)sorge spontanea in seguito alle importanti e interessanti indicazioni che – come analizzeremo compitamente nel prosieguo – emergono dalla recente sentenza del 12 settembre 2019 della Corte di Giustizia UE.
Tali indicazioni implicano, però, una valutazione comparativa del contesto normativo italiano (in cui, come vedremo, è previsto un requisito aggiuntivo, ovvero il “valore artistico”) alla luce del contesto normativo europeo a cui il nostro legislatore dovrebbe teoricamente uniformarsi.
Volendo ricostruire brevemente il quadro normativo, nel nostro ordinamento l’industrial design può essere tutelato ai sensi del diritto d’autore grazie al recepimento e all’attuazione nel 2001 della Direttiva n. 98/71/CE. Tale direttiva sancisce la possibilità di poter cumulare[1] la tutela prevista per i «disegni e modelli»[2] con quella del diritto d’autore. Infatti, prima ancora della Direttiva testé menzionata, l’industrial design poteva già essere in ogni caso tutelato tramite lo strumento dei “disegni e modelli” registrati (durata massima della protezione: 25 anni dalla data di deposito).
La tutela offerta dal diritto d’autore, però, è senz’altro più allettante per gli imprenditori in quanto, in questo caso, la tutela riservata è di gran lunga più duratura (fino a 70 anni dalla morte dell’autore).
Il nostro legislatore però, nel recepire il dettato normativo comunitario, ha optato per riservare la tutela del diritto d’autore solo a quelle opere del design che «presentino di per sé carattere creativo e valore artistico» (art. 2 legge sul diritto d’autore). A differenza quindi di altre opere protette dal diritto d’autore per cui è sufficiente il requisito della creatività (e, come vedremo, a differenza anche dell’orientamento che sembrerebbe aver espresso la Corte di Giustizia europea).
Dal punto di vista pratico, ciò comporta che in Italia questa tutela di più lunga durata viene riconosciuta solo a quelle opere del design industriale considerate alla stregua di un’«opera d’arte». E precisamente, secondo l’orientamento della nostra giurisprudenza, sono indizi di ciò il riconoscimento da parte di ambienti culturali e istituzionali del “valore artistico”[3].
Il tema su cui ci si interroga è, a questo punto, la legittimità di questo requisito aggiuntivo previsto dal legislatore italiano in un contesto comunitario dove il diritto UE dovrebbe essere interpretato e applicato in maniera uniforme, anche alla luce delle indicazioni che sembrerebbero doversi ricavare dalla recente sentenza del 12 settembre 2019, resa dalla Corte di Giustizia europea nell’ambito della causa C-683/17.
Infatti, la Corte è stata chiamata a pronunciarsi in via pregiudiziale in merito all’interpretazione dalla Direttiva n. 2001/29/CE sull’armonizzazione di taluni aspetti del diritto d’autore e dei diritti connessi[4] nella società dell’informazione.
La pronuncia in esame scaturisce dalla richiesta avanzata in via pregiudiziale dai Giudici portoghesi in quanto, analogamente a quanto previsto dalla legge italiana, l’art. 2 del Código do Direitos de Autor e dos Direitos Conexos (Codice del diritto d’autore e dei diritti connessi) prevede un requisito aggiuntivo per tutelare le opere dell’industrial design nell’alveo del diritto d’autore.
Infatti, detta tutela viene riservata alle «opere d’arte applicata, disegni e modelli industriali e opere di design che costituiscano una creazione artistica, indipendentemente dalla tutela della proprietà industriale».
I Giudici della Suprema Corte sono stati chiamati, quindi, a pronunciarsi sull’interpretazione dell’art. 2, lettera a) della direttiva 2001/29/CE e per l’effetto sul concetto di “opera”[5] e sui requisiti che essa debba presentare.
Nello specifico, il Supremo Tribunal de Justiça (Corte suprema portoghese) ha sottoposto alla Corte UE le seguenti questioni pregiudiziali:
«1) Se l’interpretazione data dalla Corte all’articolo 2, lettera a), della direttiva 2001/29 osta ad una normativa nazionale – nel caso di specie, la norma di cui all’articolo 2, paragrafo 1, lettera i), del codice del diritto d’autore e dei diritti connessi – che garantisca protezione a titolo di diritti d’autore a opere d’arte applicata, disegni e modelli industriali e opere di design, che, al di là del loro fine utilitario, producono un effetto visivo loro proprio e rilevante da un punto di vista estetico, di tal guisa che la loro originalità è il criterio centrale per l’attribuzione della protezione nell’ambito dei diritti d’autore.
2) Se l’interpretazione data dalla Corte all’articolo 2, lettera a), della direttiva 2001/29 osta a una normativa nazionale – nel caso di specie, la norma di cui all’articolo 2, paragrafo 1, lettera i), del codice del diritto d’autore e dei diritti connessi – che garantisca protezione a titolo di diritti d’autore a opere d’arte applicata, disegni e modelli industriali e opere di design se, alla luce di una valutazione particolarmente rigorosa del loro carattere artistico e tenuto conto delle concezioni dominanti in seno ai circoli culturali e istituzionali, essi siano meritevoli di essere definiti come “creazione artistica” o “opera d’arte”».
In risposta ai quesiti di cui sopra, quello che emerge dalla decisione della Corte è che il diritto dell’UE fornisce agli Stati membri una nozione autonoma di “opera” da intendere e utilizzare in maniera uniforme, e che presuppone il ricorrere di due requisiti:
In riferimento al primo di questi elementi, per considerare un atto creativo come originale, è necessario e sufficiente che rifletta la personalità del suo autore, manifestando le scelte libere e creative di quest’ultimo[7].
Per contro non potrà essere considerato originale e per l’effetto non potrà essere considerato un’opera, un oggetto che sia stato realizzato sulla base di considerazioni di carattere tecnico, da regole o altri vincoli che non lasciano margine per la libertà creativa[8].
In riferimento invece al secondo requisito, la nozione di «opera» di cui alla direttiva 2001/29 implica necessariamente l’esistenza di un oggetto identificabile con sufficiente precisione e oggettività[9].
Da un lato, infatti, sia le autorità competenti a garantire la tutela dei diritti esclusivi inerenti al diritto d’autore sia i terzi nei cui confronti detta tutela potrà essere fatta valere devono poter conoscere con chiarezza e precisione gli oggetti in tal modo protetti. Dall’altro lato, la necessità di evitare qualsiasi elemento di soggettività (pregiudizievole per la certezza del diritto) nel processo di identificazione degli oggetti tutelati implica che questi ultimi debbano poter essere individuati in modo obiettivo[10].
In conclusione, quando un oggetto presenta le suddette caratteristiche (e solo sulla base di queste!), esso costituisce pertanto un’opera e deve beneficiare, in tale qualità, di una tutela ai sensi del diritto d’autore.
Alla luce delle argomentazioni utilizzate dalla Corte, non sembrerebbe esserci spazio per requisiti aggiuntivi come quello del “valore artistico”. Infatti, per la tutela delle opere dell’industrial design, è sufficiente il ricorrere dei requisiti di cui al paragrafo precedente, ovvero la creatività dell’autore che si concretizzi in un oggetto obiettivamente identificabile.
Ora, le conclusioni della Corte sembrerebbero di fatto “abrogare” norme come quella di cui all’art. 2 comma 2 nr. 10 della Legge italiana sul diritto d’autore e in un certo senso rendere obsoleti lustri di riflessioni giurisprudenziali sul “valore artistico” delle opere di industrial design, e questo – a un osservatore superficiale – potrebbe anche apparire come una positiva semplificazione: le opere dell’industrial design godranno della tutela autoriale indipendentemente dalla loro riconoscibilità come “classici” del design.
In verità, ad avviso di chi scrive, pone il problema di non facile soluzione di quella che – a questo punto – sembra essere una inutile duplicazione di tutela, in cui peraltro la durata superiore della protezione autoriale parrebbe rendere del tutto superflua la protezione legale garantita ai disegni registrati.
Se l’orientamento della Corte dovesse essere confermato, riteniamo che il legislatore comunitario dovrà intervenire con urgenza promulgando norme chiarificatrici ad hoc. Infatti, come ha correttamente evidenziato l’avvocato generale Szpunar, se è vero che l’ammissibilità del cumulo tra tutela autoriale e quella del design non implica né che l’ambito delle due tutele coincida, né che siano uguali i requisiti perché le rispettive protezioni sussistano (dal momento che le due tutele dovrebbero avere funzioni diverse), è altrettanto vero che le differenze – a questo punto – cominciano a essere davvero sfuggenti.
Non mancheremo di tenervi aggiornati sugli eventuali sviluppi della disciplina o anche semplicemente qualora la Corte di Giustizia europea dovesse rendere pronunce in qualche modo esplicative.
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[1] Art. 17, Direttiva n. 98/71/CE. Inoltre, tale possibilità viene recepita anche dal Regolamento n. 6 del 2002, dove all’art. 96 si specifica che: «disegni e modelli protetti in quanto tali da un disegno o modello comunitario sono altresì ammessi a beneficiare della protezione della legge sul diritto d’autore vigente negli Stati membri fin dal momento in cui il disegno o modello è stato ideato o stabilito in una qualsiasi forma. Ciascuno Stato membro determina l’estensione della protezione e le condizioni alle quali essa è concessa, compreso il grado di originalità che il disegno o modello deve possedere».
[2] L’art. 1 della Direttiva 98/71/CE al punto a) precisa che: «si intende per “disegno o modello”, l’aspetto dell’intero prodotto o di una sua parte quale risulta, in particolare, dalle caratteristiche delle linee, dei contorni, dei colori, della forma, della struttura superficiale e/o dei materiali del prodotto stesso e/o del suo ornamento».
[3] Senz’altro rilevanti, poi, per effettuare tale valutazione sono circostanze fattuali come l’esposizione nei musei, citazioni dell’opera in edizioni enciclopediche, premi, rassegne e recensioni critiche di esperti dell’arte.
[4] Nello specifico dagli articoli da 2 a 4 di detta Direttiva, vengono regolati rispettivamente, il «Diritto di riproduzione», il «Diritto di comunicazione di opere al pubblico, compreso il diritto di mettere a disposizione del pubblico altri materiali protetti» nonché il «Diritto di distribuzione».
[5] Il termine “opera” al quale si riferisce detta disposizione ricorre all’art. 3, par. 1, e all’art. 4, par. 1, della suddetta Direttiva 29/2001, relativamente ai diritti esclusivi riconosciuti all’autore di un’opera per quanto riguarda la sua divulgazione al pubblico e la sua diffusione.
[6] V., in tal senso, sentenza del 16 luglio 2009, Infopaq International, C‑5/08, EU:C:2009:465, punti 37 e 39, e del 13 novembre 2018, Levola Hengelo, C‑310/17, EU:C:2018:899, punti 33 e da 35 a 37.
[7] V., in tal senso, sentenza del 1o dicembre 2011, Painer, C‑145/10, EU:C:2011:798, punti 88, 89 e 94, nonché del 7 agosto 2018, Renckhoff, C‑161/17, EU:C:2018:634, punto 14.
[8] V., in tal senso, sentenza del 1o marzo 2012, Football Dataco e a., C‑604/10, EU:C:2012:115, punto 39.
[9] V., in tal senso, sentenza del 13 novembre 2018, Levola Hengelo, C‑310/17, EU:C:2018:899, punto 40.
[10] V., in tal senso, sentenza del 13 novembre 2018, Levola Hengelo, C‑310/17, EU:C:2018:899, punto 41.
Gianluca Verzi