Il mercato attuale dell’arte e del collezionismo è piuttosto ondivago e deregolarizzato. Nemmeno tanto influenzato dal mondo della finanza, il collezionista è quasi sempre libero e indipendente.
Nel 2008 Damien Hirst, artista quotatissimo, il giorno dopo la dichiarazione di fallimento della Lehman Brothers, uno dei crack più importanti della storia finanziaria degli Stati Uniti, ha battuto in asta da Sotheby’s Londra l’opera concettuale “Lo squalo” per una cifra di 12 milioni di dollari americani.
Un bel colpo se si pensa che dal giorno prima tutto il mondo della finanza era fermo interrogandosi sul futuro dell’economia mondiale.
Altro esempio, la Brexit e i suoi effetti collaterali nel mondo del collezionismo artistico: nessun cedimento anzi, le aste londinesi sono andate – e vanno – benissimo.
E poi nel mercato dell’arte contemporanea c’è la spinosa questione che il prezzo attribuito alle opere non sempre ne riflette il valore artistico. E qui dare una spiegazione sul perché ciò accade, è decisamente difficile.
Paolo Scheggi ad esempio è un artista di grandissimo rilievo nel periodo dello Spazialismo, di cui ne ha rielaborato l’essenza dando una nuova interpretazione alla ricerca di Lucio Fontana. Le sue “intersuperfici curve” come altri dei suoi lavori sono stati esposti nelle manifestazioni più importanti d’arte; dalla XXXIII Biennale di Venezia al Museo d’Arte Moderna di Parigi. Eppure le quotazioni di Scheggi sono decisamente svettate solo negli ultimi anni, sino ad arrivare a valori d’asta per 100.000,00 euro nel 2016. Perché?
L’artista è lo stesso, la sua mano, il suo valore artistico, la qualità estetica delle sue opere, le sue tematiche, i percorsi completati e la ricerca, la loro incontestabile importanza, lo studio dell’artista. Tutti elementi che sono da sempre presenti nelle opere di Scheggi, che prima però avevano prezzi molto diversi dagli attuali.
Quindi l’arte è ferma ma i prezzi no. Cambiano, fluttuano, aumentano esponenzialmente, svettano; e così se c’è un mercato dell’arte destinato solo a quei pochi che dispongono di un bel po’ di denaro per fare facoltosi investimenti, la buona notizia oggi è che per diventare collezionisti non occorre più essere ricchi. Quantomeno non così ricchi.
1.- Stimare il proprio budget
Molte transazioni nel campo artistico avvengono per cifre che vanno dai 1000 ai 3000, ai 5000 euro. Per diventare collezionisti del futuro la prima cosa da fare è proprio partire dalle proprie disponibilità patrimoniali: è necessario stimare il proprio budget.
Trascuriamo rispettosamente le opere di Damin Hirst, e cerchiamo di capire cosa potrà essere acquistato, anche ovviamente con il supporto degli esperti di settore, perché sono moltissimi gli artisti contemporanei, più o meno giovani, emergenti o già storicizzati, che hanno la capacità di resistere e trasformarsi, e su cui vale la pena investire.
2.- Definire la propria predilezione artistica
Il collezionista deve anche capire quale genere di arte apprezza; figurativa, scultura, fotografia, arte digitale e così via. Questa valutazione è molto importante poiché, soprattutto inizialmente, evita di cadere in un mondo sovraffollato, che a volte appare troppo pieno, troppo saturo, troppo esuberante, e troppo confusionario.
3.- Frequentare gli ambienti dell’arte
Così il giovane collezionista ha a disposizione – ad esempio – 1500,00 euro e ama l’arte figurativa; l’astrattismo. Inizierà a frequentare fiere o gallerie nelle quali vengono esposte le opere di suo interesse, contenendo ancor più la sua ricerca.
4.- Studiare i propri artisti, prima di acquistarli
Fondamentale poi è studiare l’artista (o gli artisti) prescelto. Il suo curriculum, le mostre a cui ha partecipato, le pubblicazioni sui cataloghi e la presenza di recensioni da parte di critici d’arte e curatori; occorre approfondire il suo percorso artistico, le tecniche utilizzate nelle sue opere e nelle sue sperimentazioni, i periodi, le tematiche e il valore artistico dei suoi lavori.
Si perché tra l’altro, la verità è che il piacere soggettivo non è sufficiente per formare una collezione d’arte: una collezione d’arte è tale quando si presenta qualitativamente elevata; ossia quando nelle opere è presente un evidente valore artistico che viene colto dal collezionista in prima battuta visivamente, più per un fattore fisico, spaziale e/o cromatico dell’opera; per poi essere percepito più a livello emotivo, così da sentire tutta la bellezza dell’opera senza essere in grado di spiegarla.
E così nasce una nuova collezione, che potrebbe formarsi anche nel giro di 5 – 6 anni con valutazioni di opportunità periodiche (ad esempio predeterminando un budget da investire anno per anno), e al momento non sarà particolarmente rilevante sul piano economico forse, non sarà inclusa l’opera di uno squalo sotto vetro; ma certamente porterà con sé una distinzione sociale e culturale per chi l’ha creata, per la scelta ponderata da cui nasce, per il valore artistico che offre; essendo sin da ora destinata ad essere valorizzata e registrata come una vera collezione del futuro.
La collezione d’arte nasce da un piccolo segno, da una piccola scelta attuale, che poi cresce e si valorizza nel tempo sino a diventare un investimento artisticamente ed economicamente rilevante.
Avv. Nicoletta Barbaglia