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Nei Raggruppamenti Temporanei di Imprese (RTI), la proprietà intellettuale del software diventa un nodo cruciale. Con la crescente complessità dei progetti collaborativi, è essenziale che le aziende stabiliscano chiaramente i diritti di sfruttamento di quanto sviluppato insieme.
Un Raggruppamento Temporaneo di Imprese (RTI) è una collaborazione strategica tra operatori economici che si uniscono temporaneamente per partecipare a gare pubbliche e gestire progetti complessi. Previsto dal Codice dei Contratti Pubblici (D.Lgs. n. 36/2023), l’RTI permette a diverse imprese di combinare competenze e risorse per affrontare progetti che singolarmente non potrebbero sostenere. L’articolo 65 del Codice stabilisce che un RTI può includere imprenditori individuali, società commerciali, cooperative e consorzi, mentre l’articolo 68 specifica che gli operatori economici devono conferire un “mandato collettivo speciale con rappresentanza” alla capogruppo, che rappresenta l’offerta in nome e per conto di tutte le imprese partecipanti.
Esistono tre tipi principali di RTI, ciascuno con una logica diversa. L’RTI Orizzontale coinvolge imprese che svolgono attività simili: ad esempio, diverse software house che si alleano per sviluppare un sistema IT integrato, combinando competenze in programmazione e sicurezza. Nell’RTI Verticale, una o più imprese si occupano delle attività principali del progetto, mentre altre gestiscono quelle secondarie; pensiamo a una società che sviluppa il core di un software ERP e ad altre che forniscono integrazioni e servizi di supporto. L’RTI Misto combina queste due logiche, distribuendo le attività in base alle specializzazioni dei partecipanti.
Nel contesto dei progetti software, un RTI può essere determinante per lo sviluppo di piattaforme complesse come sistemi ERP o soluzioni cloud, dove ogni impresa apporta competenze specifiche e complementari. La digitalizzazione dei contratti pubblici, come prevista dagli articoli 19-31 del Codice, rende cruciale per le imprese tecnologiche fornire soluzioni innovative che rispondano alle nuove esigenze di efficienza e sicurezza informatica della Pubblica Amministrazione.
Ma perché un’impresa dovrebbe considerare di entrare in un RTI? Prima di tutto, per aumentare la capacità competitiva: partecipare congiuntamente permette di puntare a progetti di grande portata e complessità. Un RTI permette inoltre di condividere rischi e risorse, riducendo l’esposizione finanziaria e organizzativa di ogni singola impresa. Offre anche l’accesso a competenze specialistiche: unendo il know-how, le imprese possono sviluppare soluzioni innovative e migliorare la qualità del prodotto finale. Infine, c’è la flessibilità operativa, cruciale nei progetti software dove i requisiti possono cambiare rapidamente.
Attenzione, però: le regole per chi detiene i diritti sul software sviluppato congiuntamente non sono sempre chiare. La gestione della proprietà intellettuale deve essere pianificata con precisione, dato che “la mancata definizione dei diritti di proprietà e di utilizzo può portare a conflitti legali” tra le imprese partecipanti. Nel prossimo capitolo, esploreremo cosa dice la legge sulla proprietà intellettuale del software nei RTI e quali sono le criticità da affrontare per proteggere i propri diritti ed evitare sorprese.
Nel contesto di un Raggruppamento Temporaneo di Imprese (RTI), la questione della proprietà del software sviluppato congiuntamente può diventare un terreno minato. Chi possiede i diritti di sfruttamento economico sul software? Come si determinano le responsabilità e i diritti in un contesto in cui più imprese contribuiscono al risultato finale?
La Legge sul Diritto d’Autore (L. n. 633/1941) stabilisce alcune regole fondamentali. L’articolo 12-bis dispone che il diritto di sfruttamento economico di un software creato da un dipendente appartiene al datore di lavoro, salvo diverso accordo. Per i lavoratori autonomi, il Jobs Act (L. n. 81/2017), all’articolo 4, specifica che i diritti di utilizzazione economica spettano al committente solo se l’attività inventiva è prevista dal contratto e compensata a tale scopo.
In riferimento agli RTI, la proprietà del software è determinata non solo dalla normativa di base, ma anche dagli accordi contrattuali stipulati tra le parti. L’articolo 68 del nuovo Codice dei Contratti Pubblici (D.Lgs. n. 36/2023) suggerisce che le imprese partecipanti a un RTI devono chiarire nei contratti chi detiene la proprietà dei risultati prodotti, incluso il software. Se queste disposizioni non sono chiaramente definite, si rischia di creare incertezza giuridica e conflitti tra le parti.
Un esempio rilevante è la sentenza del Tribunale di Bologna (n. 96/2020), che ha stabilito che, in assenza di accordi espliciti, la proprietà del codice sorgente di un software commissionato spetta al committente. Questo principio diventa fondamentale per gli RTI, dove il software sviluppato potrebbe essere visto come un risultato collettivo del gruppo. È essenziale che i contratti di RTI specifichino chi detiene i diritti sul software e come questi diritti possono essere utilizzati o trasferiti.
Un altro aspetto importante è il principio di conservazione dell’equilibrio contrattuale introdotto dall’articolo 9 del Codice dei Contratti Pubblici. Questo principio consente di rinegoziare i termini contrattuali in caso di eventi straordinari e imprevedibili che alterano l’equilibrio originario del contratto. Nel contesto di un RTI, tale clausola potrebbe essere utilizzata per adattare le condizioni relative alla proprietà intellettuale del software se emergono circostanze che influenzano significativamente le dinamiche del progetto.
Per proteggere il know-how e le informazioni riservate, le imprese dovrebbero includere accordi di non divulgazione (NDA), che specificano cosa è considerato confidenziale e come le informazioni devono essere gestite. Gli articoli 15 e 16 del nuovo Codice sottolineano l’importanza della trasparenza e gestione dei conflitti di interesse, che diventa fondamentale anche per evitare dispute sulla proprietà intellettuale.
Ma cosa succede se le imprese non prevedono accordi chiari? La mancanza di un quadro contrattuale preciso può portare a dispute che rischiano di minare l’intero progetto e i rapporti tra le imprese. Ecco perché è cruciale prevedere le clausole contrattuali essenziali. Nel prossimo capitolo, esploreremo quali sono queste clausole e come possono prevenire conflitti e proteggere gli interessi di tutte le parti coinvolte.
Quando più imprese collaborano nello sviluppo di un progetto software all’interno di un RTI, la protezione della proprietà intellettuale richiede clausole contrattuali chiare e dettagliate. Queste clausole aiutano a evitare incomprensioni e conflitti futuri, garantendo che tutte le parti abbiano una comprensione precisa dei propri diritti e doveri.
Accordi di Non Divulgazione (NDA) sono essenziali per proteggere il know-how e le informazioni riservate condivise tra le imprese. Un NDA efficace deve definire cosa è considerato confidenziale, chi può accedere a tali informazioni e le misure di sicurezza necessarie per proteggerle. Inoltre, deve stabilire le conseguenze in caso di violazione. La protezione della riservatezza è una delle basi per una collaborazione di successo in un RTI.
Le clausole sui diritti di sfruttamento economico del software sono un altro elemento chiave. Devono specificare chi ha il diritto di utilizzare, modificare, distribuire o vendere il software sviluppato. L’assenza di chiarezza su questi aspetti può generare conflitti. Ad esempio, una clausola potrebbe prevedere che il software sia di proprietà congiunta delle imprese partecipanti, ma che nessuna possa cederlo a terzi senza il consenso di tutte le parti.
Un’ulteriore misura di sicurezza è la clausola di software escrow. Questa clausola prevede il deposito del codice sorgente presso un ente terzo indipendente. In caso di fallimento dell’impresa sviluppatrice o di altre circostanze specifiche, il committente può accedere al codice sorgente per continuare lo sviluppo o la manutenzione del software. L’escrow diventa così una garanzia fondamentale per proteggere gli investimenti e assicurare la continuità del progetto.
È essenziale includere una clausola che definisca la responsabilità per eventuali violazioni dei diritti di terzi. Chi è responsabile se il software sviluppato viola diritti di proprietà intellettuale di terzi? Stabilire i limiti della responsabilità e prevedere una gestione trasparente di tali situazioni può evitare sorprese indesiderate. Le imprese possono decidere di stipulare assicurazioni specifiche o di assumere direttamente la responsabilità.
La chiave per prevenire conflitti è mettere tutto per iscritto e stabilire fin dall’inizio chi fa cosa e come verranno gestite le situazioni impreviste. Nel prossimo capitolo, vedremo come la gestione della proprietà del software, una volta terminato il progetto, e la ripartizione dei benefici economici possano influenzare la sostenibilità e la collaborazione futura tra le imprese partecipanti.
La fine di un progetto sviluppato in un RTI non significa che le questioni relative alla proprietà del software siano risolte. Al contrario, è proprio in questa fase che emergono aspetti cruciali sulla gestione futura del software e sulla distribuzione dei benefici economici.
Uno dei punti centrali da definire nei contratti di RTI è chi detiene i diritti di utilizzo del software dopo la conclusione del progetto. Le imprese partecipanti possono essere autorizzate a utilizzare il software per scopi interni, ma cosa succede se una di esse vuole venderlo o concederlo in licenza a terzi? È fondamentale che il contratto stabilisca condizioni chiare su queste possibilità, indicando autorizzazioni necessarie, limitazioni e eventuali compensazioni per gli altri partecipanti.
Un altro aspetto delicato è la ripartizione dei profitti derivanti dalla licenza o dalla vendita del software. La distribuzione è spesso proporzionale al contributo di ciascuna impresa allo sviluppo del software, ma è essenziale definire con precisione i criteri di valutazione del contributo e come questi si traducano in percentuali di profitto. Una definizione chiara evita incomprensioni e contenziosi tra le parti.
La manutenzione e gli aggiornamenti del software sono altrettanto rilevanti. Anche dopo la fine del progetto principale, il software potrebbe richiedere modifiche e miglioramenti. Il contratto deve specificare chi è responsabile di questi compiti e per quanto tempo. In molti casi, una delle imprese partecipanti, solitamente la capogruppo, viene designata per fornire supporto tecnico e aggiornamenti, garantendo così che il software continui a funzionare correttamente e rimanga competitivo.
Le clausole di continuità operativa possono essere vitali per garantire che il software sviluppato rimanga funzionale e aggiornato, indipendentemente dalla situazione delle imprese partecipanti. Queste clausole possono includere l’obbligo di depositare il codice sorgente presso un ente terzo o di trasferire le licenze di sviluppo e manutenzione ad altre imprese nel caso una delle partecipanti abbandoni il progetto o cessi di operare.
Adottare una strategia chiara e condivisa per la gestione della proprietà del software post-progetto è fondamentale per preservare i rapporti tra le imprese e assicurare che il valore generato dal progetto sia distribuito in modo equo. Una pianificazione attenta non solo previene conflitti, ma facilita anche future collaborazioni.
Avvocato Arlo Canella