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Cessione di ramo d’azienda: quali sono le cose da sapere?

Pubblicato in: Startup, Società e innovazione
di Luigi Frigerio
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Si parla di cessione di ramo d’azienda quando, a seguito di affitto, cessione o usufrutto si ha un mutamento del titolare dell’attività.

Il trasferimento inoltre deve avere ad oggetto solamente una parte del complesso aziendale: in altre parole, deve esservi un’azienda originaria (con una struttura produttiva autonoma) che verrà mantenuta, e una sua parte (più o meno estesa) che invece verrà ceduta.

In questo articolo affronteremo i seguenti temi:

Cosa occorre sapere quando si è in procinto di cedere un ramo?

La legge pone le norme relative all’azienda agli articoli 2555 c.c. e successivi. Solo a titolo riassuntivo, riportiamo alcuni dei punti più importanti:

  • necessità della forma scritta per la cessione, tramite atto pubblico o scrittura privata autenticata; il contratto dovrà essere iscritto nel Registro delle imprese e, in questo modo, la cessione sarà opponibile ai terzi (l’art. 2556 c.c.).
  • divieto di concorrenza del cedente (art. 2557 c.c.); è previsto che il cedente debba astenersi dall’intraprendere una nuova attività imprenditoriale che si ponga in concorrenza con quella ceduta. In poche parole, salvo pattuizione contraria, il cedente non potrà vendere la sua azienda per poi ricominciare a esercitare una attività simile nella stessa “piazza” dell’acquirente.
  • subentro automatico del cessionario nei contratti dell’azienda ceduta che non abbiano carattere personale (l’art. 2558 c.c.).

Gestire la situazione contabile.

Una cessione di ramo d’azienda comporta la cessione dei debiti e dei crediti ad esso collegati.

Le previsioni normative si trovano agli articoli 2559 e 2560 del Codice Civile.

  • Per quanto riguarda i crediti, si trasferiscono tutti i crediti aziendali che non abbiano natura strettamente personale; non serve una specifica pattuizione nell’atto di trasferimento. La cessione dei crediti opera anche senza il consenso del debitore.
  • Per i debiti, invece, la previsione è diversa. Chi cede non è liberato dai debiti anteriori alla cessione se non risulta che i creditori vi abbiano consentito. Colui che cede, quindi, continuerà a rispondere dei debiti anteriori al trasferimento, salvo diversa previsione (espressa!) e consenso dei creditori.
  • Se i debiti risultano dai libri contabili dell’azienda, l’acquirente del ramo d’azienda è responsabile in solido con chi cede.

E i debiti verso il fisco? Qui, la fattispecie richiede una attenzione particolare. Secondo l’art. 14 del D. Lgs. n. 472/97, l’acquirente risponde in solido con il cedente per il pagamento delle imposte relative all’anno in cui sia avvenuta la cessione, oltre che nei due anni precedenti.

Come fare ad accertarsi che non vi siano pendenze fiscali? Il nostro consiglio è quello di verificare, anche tramite professionisti qualificati, la situazione fiscale del ramo d’azienda, tramite il certificato sull’esistenza di contestazioni in corso che le amministrazioni finanziarie sono tenute a rilasciare su richiesta degli interessati (art. 14 del D. Lgs. n. 472/97, comma 3).

Il rapporto con i lavoratori ceduti.

Esiste un’altra previsione codicistica di fondamentale importanza: l’art. 2112 c.c. statuisce che in caso di trasferimento di ramo d’azienda, il rapporto di lavoro continua con il cessionario ed il lavoratore conserva tutti i diritti che ne derivano. 

L’art. 2112 c.c. arricchisce, così, il principio della successione nei contratti presente nell’art. 2558 c.c., estendendo questa “protezione” anche ai lavoratori, statuendo la necessità di conservazione del posto e la garanzia per i crediti maturati. A completamento questo “impianto garantista” delineato dal principio di continuità dei rapporti di lavoro, l’art. 2112 c.c. (4° comma, prima parte) stabilisce che il trasferimento di ramo d’azienda, in quanto tale, non può costituire motivo di licenziamento.

Nelle dinamiche tra lavoratori e trasferimento d’azienda, quindi, possono delinearsi due interessi in gioco:

  1. stabilità occupazionale del lavoratore
  2. tutela dell’interesse imprenditoriale e dell’autonomia organizzativa

Al momento, la legge predilige la prima, scegliendo di garantire al lavoratore il mantenimento del suo status quo indipendentemente dalle scelte di gestione dell’azienda per cui lavora.

La "cessione d'azienda" dei liberi professionisti. Un caso particolare.

In questo panorama, si delinea un caso particolare: uno studio professionale può essere equiparato, in qualche modo, ad un’azienda? Si può parlare di cessione di ramo d’azienda, nel caso di un accordo – stipulato tra professionisti – che vede un “trasferimento” di parte della clientela? Non esattamente. La Cassazione si è occupata proprio di questo problema con la sentenza n. 2860 del 2010.

I giudici di legittimità, per quanto abbiano escluso l’equiparazione tra libero professionista e imprenditore, hanno ritenuto possibile una certa “trasferibilità” della clientela. Secondo la Corte, il mondo imprenditoriale e quello dei liberi professionisti sono certamente sempre più vicini, grazie alle nuove tendenze delle libere professioni verso la commercializzazione, la specializzazione e la socializzazione. 

Anche nell’ambito normativo europeo la tesi sembra convincente: infatti l’art. 50 del Trattato UE pone sullo stesso piano libere professioni e attività di carattere industriale, commerciale e artigianale. Tuttavia, nonostante questa progressiva vicinanza, secondo la Cassazione,  non si potrà avere una cessione in senso tecnico della clientela […], bensì un impegno del cedente volto a favorire la prosecuzione del rapporto professionale tra vecchi clienti e soggetto subentrante“. 

È fondamentale che i giudici di legittimità abbiano escluso di poter declinare il trasferimento di clientela in termini di “cessione“, propendendo per una più semplice “presentazione” del cliente al cessionario. Questo perché il professionista non può disporre della clientela come se fosse una merce o un bene fisico:  il rapporto con la clientela dipende dalla fiducia da essa riposta nel professionista stesso.

Sarà quindi possibile solo una “negoziazione indiretta” della clientela, tramite l’espediente della presentazione al nuovo professionista subentrante. Spetterà poi ai clienti la decisione definitiva.

In definitiva, come negoziare un buon contratto di cessione?

Per negoziare un buon contratto, vi sono dei parametri che devono sempre essere tenuti presenti:

  1. identificazione precisa del ramo d’azienda
  2. situazione aggiornata di debiti e crediti aziendali
  3. disamina dei contratti di lavoro (TFR e indennità comprese)
  4. esame di eventuali diritti di proprietà intellettuale
  5. eventuale richiesta del certificato fiscale

In ogni caso, è sempre fondamentale affidarsi a dei professionisti esperti. Lo Studio Legale Canella Camaiora si occupa di due diligence e i affiancamento/assistenza nella fase di cessione.

Riproduzione riservata ©
Data di pubblicazione: 29 Luglio 2020
Ultimo aggiornamento: 7 Settembre 2023

Luigi Frigerio

Praticante avvocato appassionato di Diritto d’Autore, laureato presso l'Università degli Studi di Milano.
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