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Negli ultimi anni, l’avanzamento tecnologico ha subito una crescita vertiginosa, coinvolgendo ogni aspetto della nostra vita quotidiana. Questo trend iper-digitale è caratterizzato dalla diffusione di strumenti tecnologici avanzati, come l’intelligenza artificiale (AI) e l’Internet of Things (IoT), che stanno trasformando settori come la sanità, il marketing e la produzione industriale. Anche come semplici consumatori. vediamo l’uso crescente di assistenti virtuali e algoritmi di apprendimento automatico che scelgono per noi, rivoluzionando le nostre interazioni con i prodotti e i servizi, rendendoli sempre più personalizzati e accessibili.
Nonostante questi benefici, la tecnologia digitale sta generando sentimenti contrastanti. Da un lato, si riconosce che le innovazioni tecnologiche siano necessarie per affrontare le sfide del futuro: il 71% delle persone crede che la tecnologia moderna sia essenziale per risolvere i problemi del mondo. Tuttavia, una crescente percentuale della popolazione mondiale (57%) esprime preoccupazione per il potenziale impatto negativo del progresso tecnologico sulle loro vite, alimentando un senso di “fatalismo tecnologico” e una struggente nostalgia (si v. “Report Ipsos Global Trends 2024”, Ipsos.com, 50.237 adulti intervistati tra il 15 febbraio e il 23 aprile 2024).
Un esempio interessante di questo ritorno al passato è il videogioco Astro Bot per PS5, candidato al premio Gioco dell’Anno (GOTY) nel 2024, che si distingue per la sua esperienza di gioco semplice e diretta. Come ha dichiarato il direttore del gioco, Nicolas Doucet, l’obiettivo era quello di offrire un’esperienza di 12-15 ore “condensata e divertente” eliminando le complessità iperrealistiche, introducendo vecchi personaggi amati dal pubblico come Bandicoot e Spyro (“PlayStation’s Astro Bot Is a Model for the Video Game Industry”, Bloomberg, settembre 2024).
Crash Bandicoot e Spyro the Dragon in AstroBot – crashzone.forumcommunity.net
Questo approccio riflette perfettamente il desiderio di ritrovare esperienze più semplici e umanamente significative. Ma non si tratta solo di un sentimento nostalgico fine a se stesso. Si tratta di un vero e proprio anti-trend, che possiamo definire ritorno all’analogico, ossia una reazione contro l’eccessiva digitalizzazione e la ricerca di un’esperienza più autentica ed emotivamente rilevante. Il fascino delle tecnologie analogiche, come i giradischi, le macchine fotografiche a pellicola e le macchine da scrivere, deriva non solo dal loro richiamo nostalgico, ma anche dalla necessità di rallentare in un mondo sempre più frenetico e complesso (si v. “L’amore della Gen Z e dei Millennial per l’analogico sta risollevando la fotografia” su nssmag.com).
Foto di Jeff Sheldon su Unsplash
Questo movimento non sembra un capriccio nostalgico o una moda passeggera, ma una chiara opposizione del genere umano all’automazione spinta dall’AI, che sceglie per noi. Le persone desiderano esperienze che richiedono manualità, realismo e, soprattutto, che le rendano protagoniste. C’è una differenza fondamentale tra un prodotto su misura, creato artigianalmente, e uno artificialmente targettizzato da un’azienda tecnologica, per il solo fine di essere venduto.
In un mondo che accelera sino a superare la velocità della luce, ci accorgiamo di quanto sia indispensabile rispettare le scelte, il ritmo e, soprattutto, il fattore umano.
Nell’era dell’iper-digitalizzazione, l’intelligenza artificiale (AI) viene spesso dipinta come una panacea per i mali del nostro tempo, specialmente in materia di efficienza energetica.
Pubblicazioni come Agenda Digitale lodano l’AI come strumento chiave per affrontare sfide ambientali e migliorare l’uso delle risorse (si v. “Intelligenza artificiale, le applicazioni per migliorare l’efficienza energetica” di R. Petricca su Agendadigitale.eu, 13 settembre 2024). L’AI promette di rendere più efficienti le reti intelligenti e gli edifici smart, riducendo i consumi fino al 30-40% grazie a previsioni più accurate e manutenzione predittiva. Anche le smart grid, che bilanciano in tempo reale domanda e offerta energetica, integrano fonti rinnovabili. Sul fronte industriale, l’AI contribuisce alla transizione 5.0, promettendo una produzione più efficiente e sostenibile, generando anche nuove opportunità di lavoro (sempre R. Petricca su Agendadigitale.eu 2024).
Ma questa visione idealizzata dell’intelligenza artificiale cela un lato oscuro. La sostenibilità stessa dell’AI viene messa in discussione. Michele Di Salvo su diritto.it si chiede se l’intelligenza artificiale possa essere veramente “green” (si. v. “L’intelligenza artificiale può essere sostenibile per l’ambiente?”, diritto.it, 12 settembre 2024). I datacenter, alimentati da grandi quantità d’acqua per il raffreddamento, consumano risorse naturali in maniera spropositata. ChatGPT, ad esempio, richiede fino a 500 millilitri d’acqua per ogni serie di risposte e le stime indicano che l’AI generativa potrebbe utilizzare tra 4,2 e 6,6 miliardi di metri cubi d’acqua entro il 2027.
Nei datacenter di West Des Moines, in Iowa, il consumo d’acqua pregiudica l’ambiente locale (si v. “Iowa, la «casa» di ChatGpt: i suoi data center consumano ogni settimana fino a cinque milioni di litri d’acqua” di V. Alvich sul Corriere della Sera ed anche “L’intelligenza artificiale è assetata di acqua. Per ogni conversazione se ne consuma una bottiglietta” di G. Rocco per Repubblica).
Aerial view of Des Moines, Iowa, USA by Joe Mabel, CC 3.0
Insomma, mentre da un lato l’AI promette di risolvere il problema energetico, dall’altro ne esacerba uno ancora più pressante: la scarsità d’acqua.
In risposta, un crescente numero di ingegneri e studiosi esplora il ritorno all’analogico per bilanciare l’uso eccessivo di risorse digitali. Il microchip AML100 di Aspinity, che si attiva solo sotto stimoli specifici, rappresenta una nuova frontiera della rivoluzione analogica (si v. “Il ritorno del computer analogico” su MakerFaireRome.eu). Anche IBM ha sviluppato chip analogici a basso consumo, dimostrando che l’integrazione tra analogico e digitale potrebbe essere la chiave per una tecnologia più sostenibile.
Questa rinascita dell’analogico non si limita al settore civile. Anzi, in ambito militare e nelle guerre in corso, il ritorno a dispositivi low-tech, come droni, cercapersone e walkie-talkie, sono una risposta indispensabile all’iper-digitalizzazione per difendersi nelle zone di conflitto (The World, 2024; Forbes, 2024). Si scopre che, quando il digitale fallisce, l’analogico non solo resiste, ma sembra essere l’unica soluzione praticabile.
Il dibattito su come conciliare l’innovazione tecnologica con il rispetto delle risorse naturali è appena iniziato. Riuscirà l’intelligenza artificiale a diventare sostenibile. o il futuro ci costringerà a dosarne l’impiego, scegliendo bene quando e come utilizzarla?
Se da un lato la digitalizzazione ha rivoluzionato la nostra quotidianità, dall’altro ha creato un desiderio crescente di ritorno alle radici: un ritorno alle esperienze analogiche che richiedono maggiore coinvolgimento fisico e attenzione. La riscoperta di strumenti come quaderni, matite e giradischi non è solo estetica, ma esprime un bisogno profondo di rallentare, di prendere appunti, in un mondo sempre più automatizzato e frenetico.
CC0 Dominio pubblico – https://pxhere.com/it/photo/1385176
Le tecnologie digitali sono comode, ma spesso mancano di quel contatto umano e tangibile che molti oggi cercano. L’esperienza analogica, infatti, ci riporta al gesto manuale, alla personalizzazione autentica e all’interazione fisica con gli oggetti. Per esempio, il ritorno dei vinili non rappresenta una mera nostalgia, ma un vero e proprio desiderio di vivere esperienze che il digitale non può replicare (si v. “Global vinyl market breaks the $3 billion barrier, but sustainability under the spotlight”, 1 agosto 2024 ,di J. Duvall su futuresource-consulting.com).
Questa ricerca di autenticità è particolarmente visibile tra i Millennial e la Generazione Z, che hanno riscoperto l’estetica retrò come un modo per esprimere se stessi, cercando una connessione con il passato e un equilibrio tra la velocità del mondo moderno e il bisogno di riflessione e creatività. Le aziende, attente a questi cambiamenti, stanno reintroducendo prodotti vintage o analogici, integrandoli con elementi digitali per rispondere a questa crescente domanda.
Quindi, mentre la tecnologia corre verso l’automazione totale, è chiaro che la centralità dell’uomo rimane un punto fermo: abbiamo bisogno di ritmi più lenti, di strumenti che richiedano cura e attenzione, e soprattutto di un’interazione più autentica con il mondo che ci circonda.
Nonostante il fascino del ritorno alle tecnologie analogiche, queste non possono sempre eguagliare la precisione delle loro controparti digitali. Le tecnologie analogiche sono infatti più vulnerabili a disturbi esterni, come rumore e interferenze, rendendo difficile ottenere la stessa accuratezza offerta dal digitale in settori che richiedono esattezza, come l’ingegneria o l’informatica.
Tuttavia, il futuro non sembra richiedere una scelta netta tra analogico e digitale, bensì una loro integrazione ibrida. L’ibridazione tra queste tecnologie potrebbe combinare l’efficienza energetica e la rapidità di risposta dell’analogico con la versatilità e precisione del digitale. Il microchip AML100 di Aspinity è un esempio di questa convergenza: sfrutta l’analogico per monitorare continuamente segnali fisici, risparmiando energia, e attiva il digitale solo quando necessario.
Il punto chiave, però, non è esclusivamente tecnologico, bensì filosofico.
Come sottolinea Jean-Paul Sartre: “l’uomo è condannato ad essere libero”. Non possiamo sottrarci alla responsabilità di fare delle scelte (Sartre, L’Essere e il Nulla, 1943). Sartre affermava che la libertà porta con sé una forma di angoscia esistenziale, derivante dalla consapevolezza che siamo interamente responsabili delle nostre decisioni.
Con l’umanità che cerca da sempre risposte definitive, oggi anche dalla tecnologia e dall’intelligenza artificiale, diventa facile vedere l’AI come un oracolo. Questo scenario è ripreso in narrazioni contemporanee, come la serie Travelers, una coproduzione internazionale tra Netflix e il canale canadese Showcase, in cui un’intelligenza artificiale chiamata “Il Direttore” guida un gruppo di viaggiatori che tornano indietro nel tempo, nel tentativo di salvare l’umanità da un futuro distopico, conseguenza di scelte errate.
Fotogramma tratto dalla serie Travelers, coproduzione Netflix Showcase (2016-2018)
Il tema centrale della serie è l’affidamento completo alle decisioni ad un’entità tecnologica artificiale, ma senziente, un concetto che riflette le stesse preoccupazioni sull’abdicazione del libero arbitrio.
Proprio in un’epoca in cui l’intelligenza artificiale offre soluzioni sempre più precise e dettagliate, diventa fondamentale non arrendersi al fatalismo tecnologico. Non possiamo permetterci di smettere di fare scelte consapevoli, cedendo alla tentazione di lasciare che la tecnologia decida per noi.
L’intelligenza artificiale non è un dio o un oracolo, non possiede tutte le risposte. Come sottolineava Sartre, non possiamo sfuggire alla nostra condizione umana: siamo esseri liberi e, per quanto complesso o angosciante possa sembrare, dobbiamo continuare a fare scelte.
Il futuro dell’umanità non sarà deciso né dall’intelligenza artificiale né dal ritorno all’analogico, ma dalla capacità dell’uomo di scegliere consapevolmente come utilizzare la tecnologia, senza lasciarsi dominare da essa.
Avvocato Arlo Canella