Il cosiddetto influencer marketing si sta confermando sempre più come una valida modalità di condizionamento delle scelte di acquisto.
Del resto, alle imprese non è certo sfuggita la centralità di canali di comunicazione quali, ad esempio, Instagram e Youtube. Di qui, l’idea e l’esigenza di sfruttare in modo proficuo il fenomeno. Gli influencer vengono contrattualizzati mediante contratti specifici. In ogni contratto viene disciplinato legalmente l’accordo tra l’influencer (il cui valore dipende dal numero di follower sul canale) e l’impresa che vuole condizionare gli utenti all’acquisto dei propri prodotti. All’influencer sarà destinato un corrispettivo economico, variabile a seconda della sua popolarità.
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L’esibizione di un prodotto può essere considerata “solo un consiglio“? Gli influencer se lo domandano spesso a fronte di una – spesso implicita – finalità promozionale delle loro attività sui social.
In effetti, il gradimento di un prodotto – dimostrato da un personaggio molto seguito – potrebbe avvantaggiare molto l’impresa, condizionando gli utenti. Tuttavia, l’influencer marketing porta con sé una serie di implicazioni legali di cui bisogna tenere conto.
Del resto, Chiara Ferragni vanta, sul suo profilo Instagram, più di 20 milioni di follower. Favij, youtuber italiano tra i più seguiti, conta quasi 6 milioni di iscritti al canale. Una platea “affezionata” garantisce un’efficacia comunicazionale molto diversa da quella connessa ad uno spot generalista.
Ma quando nascono i problemi? Occorre soppesare accuratamente gli interessi in gioco onde evitare di commettere errori – di tipo legale – e di essere sanzionati.
Secondo il Codice del consumo, (D.Lgs. n. 206/2005, art. 22 e 23) la pubblicità non è trasparente quando si occulta la natura promozionale di un messaggio. Il messaggio, insomma, sembra spontaneo, informativo o, comunque, neutrale. Invece non lo è.
Il semplice fatto di sapere che un influencer sia stato pagato per indossare un abito o per utilizzare uno specifico prodotto, ovviamente, condiziona il nostro giudizio su quel prodotto. Viceversa, ignorare la circostanza, potenzia la capacità di influenzare le scelte d’acquisto.
Pensando che il prodotto sia stato scelto spontaneamente dall’influencer, infatti, ne verremmo influenzati maggiormente.
Tale fattispecie è qualificata come pratica scorretta (pubblicità occulta). La pubblicità occulta non rende esplicita la finalità promozionale delle dichiarazioni dell’influencer e induce il consumatore nell’errore, imbrogliandolo.
L’AGCM (Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, competente per l’applicazione del Codice del consumo) ha precisato l’obbligo di rendere riconoscibili le finalità promozionali dei contenuti condivisi attraverso social media, con l’inserimento di hashtag dedicati: #pubblicità, #advertising ecc.
Nella maggior parte dei casi, l’autorità si è limitata alla cosiddetta moral suasion: l’autorità ha solamente invitato gli influencer ad un comportamento moralmente e socialmente corretto. E’ chiaro tuttavia che, in ipotesi di reiterazione, arriverebbero anche le sanzioni (e lo vedremo tra poco con il caso InsanityPage).
Che cosa succede in caso di violazione? L’Autorità, se ritiene la pubblicità ingannevole o il messaggio di pubblicità comparativa illecito, vieta la diffusione, qualora non ancora portata a conoscenza del pubblico, o la continuazione, qualora sia già iniziata. […] (art. 8.8 Decreto Legislativo 2 agosto 2007, n. 145 – Pubblicità ingannevole).
Ma non solo. Con il provvedimento che vieta la diffusione della pubblicità, l’Autorità dispone inoltre l’applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria da 5.000,00 euro a 500.000,00 euro, tenuto conto della gravità e della durata della violazione. Nel caso di pubblicità che possono comportare un pericolo per la salute o la sicurezza, nonché suscettibili di raggiungere, direttamente o indirettamente, minori o adolescenti, la sanzione non può essere inferiore a 50.000,00 euro. (art. 8.9 Decreto Legislativo 2 agosto 2007, n. 145 – Pubblicità ingannevole).
Le sanzioni previste sono decisamente considerevoli, e la norma sottolinea come, nel caso la pubblicità ingannevole raggiunga minori o adolescenti, sia prevista una sanzione minima di 50.000 €. Nel caso degli Influencer e degli Youtuber, questa eventualità è pressoché certa.
È quindi essenziale rispettare le regole e, in caso di dubbi, affidarsi ad un professionista per ricevere una consulenza sulla condotta operativa da tenere, evitando così di commettere errori.
Quello degli influencer e dei relativi contratti è uno dei settori in cui siamo più attivi, sia al fianco delle imprese, sia degli influencer. Una prima consulenza legale può essere resa anche in videoconferenza. Per avere maggiori informazioni sullo studio legale Canella Camaiora o per contattarci clicca qui.
Un esempio interessante è il cosiddetto caso Insanitypage, per la sponsorizzazione del prodotto “Pan di Stelle“. Veniva contestata la mancanza di trasparenza nella promozione di prodotti Barilla riferibili alla linea “Pan di Stelle” (tra cui la “Crema Pan di Stelle”) realizzata attraverso la pubblicazione di post sul profilo Instagram “insanitypage“:
L’AGCM, dopo una prima indagine, ha stabilito che le condotte dei soggetti coinvolti (tra cui la Barilla, l’amministratore della pagina Instagram “insanitypage“), nonché alcuni influencer non fossero effettivamente riconducibili ad una vera e propria violazione del Codice del Consumo: “nel “mondo digitale” – sempre più in espansione – post, tweet, foto e video pubblicati sui social media costituiscono gli strumenti abituali per comunicare il proprio mondo, coinvolgendo emotivamente i destinatari nel proprio racconto”.
Tuttavia, l’AGCM ha ribadito la necessità, nel caso in cui esista un rapporto contrattuale di committenza tra il personaggio e il marchio, di rendere i consumatori sempre consapevoli del fatto che si trovino di fronte ad un vero e proprio messaggio pubblicitario e non di fronte ad un racconto spontaneo e disinteressato del vissuto quotidiano dell’ influencer.
Per questo, le parti coinvolte hanno assunto alcuni specifici impegni, finalizzati a sanare eventuali profili di illegittimità delle pratiche contestate. In effetti:
Insomma, anche se l’azienda si limita a mandare dei doni che l’influencer scarta in diretta (c.d. #unboxing) sarà indispensabile, al fine di evitare sanzioni, precisare che il dono proviene da un’azienda per promuovere il proprio brand. L’indicazione corretta è data dall’hashtag #brandgift.
Anche l’Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria (IAP) si è occupato delle nuove forme della comunicazione commerciale (ad es, i contratti di endorsment tramite influencer) attraverso la cosiddetta Digital Chart (integrata all’interno del Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale). Alcune pronunce dello IAP hanno sanzionato imprese o influencer per messaggi di pubblicità occulta tramite influencer marketing. Probabilmente, la più famosa è quella che ha coinvolto Fedez e la casa automobilistica Peugeot.
Nel maggio del 2018 Fedez, attraverso le sue Instagram Stories, ha condiviso alcune comunicazioni commerciali relative a “Peugeot”. Ad avviso dell’IAP, “nonostante i messaggi siano espressi nella forma di un racconto privato della celebrity in questione, veicolerebbero contenuti eminentemente pubblicitari, che tuttavia non risulterebbero immediatamente riconoscibili come tali dal pubblico, in quanto non sarebbe stato utilizzato alcun accorgimento idoneo a renderli identificabili come frutto di un accordo commerciale tra celebrity e brand” [pronuncia 45/2018 nei confronti di Peugeot S.p.A. e Newtopia S.r.l.]
Il Giurì ha evidenziato come i video in esame mostrassero chiaramente il marchio Peugeot, indirizzando per altro i followers verso l’account Instagram dell’inserzionista Peugeot. In conclusione del procedimento, il Giurì (pronunciandosi solo nei confronti di Peugeot S.p.A.) ha dichiarato come il messaggio in esame avesse “un obiettivo effetto promozionale”. Ne ha pertanto inibito la riproposizione.
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Luigi Frigerio