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Il licenziamento per comportamenti “trasgressivi” del lavoratore

Pubblicato in: Diritto del Lavoro
di Antonella Marmo
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Anche se la valutazione dei giudici è cambiata nel corso del tempo, sono molti i casi in cui il comportamento dei dipendenti può essere sanzionato con il licenziamento.

In questo articolo:

Alcuni casi dei primi del 900

Nei primi decenni del novecento il c.d. licenziamento in tronco per comportamenti “trasgressivi” era piuttosto diffuso. 

Le condotte che erano considerate così gravi da non consentire la prosecuzione del rapporto di lavoro, ad esempio, erano:

  • l’intrattenere relazioni amorose “poco ortodosse” con i colleghi, anche se fuori dal luogo di lavoro(Cfr., App. Messina 24 maggio 1962, in Or. Giur. Lav. 1963, 341);
  • atteggiamenti poco rispettosi nei confronti del datore di lavoro, addirittura tenuti dai familiari del dipendente( Cfr., App. Roma 11 dicembre 1964, in Riv. Giur. Lav. 1965, II, 33);
  • l’eccessivo indebitamento, oltre il proprio livello reddituale, per sconsiderate operazioni di borsa( Cfr., Trib. Milano 19 giugno 1929, in Mass. Giur. Lav. 1929, 419);
  • la detenzione di sostanze stupefacenti per uso personale(Cass.9126/2018);
  • l’aver agito legalmente per una riqualificazione del ruolo lavorativo(Cass. 29 giugno 1981, n. 4241).Tuttavia, l’atteggiamento dei giudici, nel corso degli anni, è cambiato. Vediamo come e perché.

Il caso del dipendente che partecipa alla manifestazione politica

Negli ultimi anni, la tendenza della giurisprudenza sembra essere cambiata. La Corte di Cassazione ha spesso assunto un atteggiamento più tollerante.

Una sentenza significativa risale al 2015 (sentenza n. 11504/2015). In questo caso, un dipendente di un’azienda aveva partecipato a una manifestazione politica durante il weekend, indossando una maglietta con il marchio dell’azienda.

Il datore di lavoro aveva licenziato il dipendente, sostenendo che la partecipazione alla manifestazione politica e l’utilizzo della maglietta dell’azienda potevano danneggiare l’immagine e la reputazione dell’azienda.

Il dipendente aveva contestato il licenziamento, sostenendo che la sua partecipazione alla manifestazione politica era avvenuta al di fuori dell’orario di lavoro e che l’utilizzo della maglietta dell’azienda non era finalizzato a rappresentare l’azienda in quella sede.

La Corte di Cassazione ha ritenuto il licenziamento illegittimo, sottolineando che la partecipazione alla manifestazione politica non aveva causato danni concreti all’azienda e che l’utilizzo della maglietta dell’azienda non aveva rappresentato un’azione diretta del dipendente per identificarsi con l’azienda in quel contesto.

Il gioco che consente di sparare virtualmente ai capi

Tuttavia, un caso opposto riguarda il licenziamento di un dipendente di un’azienda che aveva creato un gioco su Facebook che consentiva di “sparare” a rappresentanti dell’azienda stessa.

In questo caso, la Corte d’Appello di Milano ha dichiarato il licenziamento del dipendente legittimo, sostenendo che il gioco costituiva un attacco alla dignità dell’azienda e dei suoi rappresentanti.

Post sui social contro l’azienda e i suoi capi

L’ultima sentenza della Corte di Cassazione che si è pronunciata in merito al licenziamento di dipendenti per comportamenti trasgressivi nelle ore extralavorative risale al 2021 (nr. 31339/2021).

In questa sentenza, la Corte di Cassazione ha confermato la legittimità del licenziamento di un dipendente di un’azienda di servizi che aveva postato su Facebook commenti offensivi nei confronti dei colleghi e della direzione aziendale. La Corte ha ritenuto che il comportamento del dipendente avesse leso la reputazione dell’azienda e che, pertanto, il licenziamento fosse giustificato.

In particolare, la Corte ha affermato che “il diritto alla libera espressione dell’opinione personale del dipendente trova il proprio limite nei doveri di fedeltà, diligenza e lealtà che il lavoratore deve mantenere nei confronti del datore di lavoro, dovendosi considerare il comportamento del dipendente leso alla dignità e all’onore dell’azienda, in relazione alla sua reputazione e all’immagine che essa deve conservare“.

Pertanto, il datore di lavoro può licenziare un dipendente per comportamenti che vanno contro i principi di correttezza e buona fede, anche se questi si verificano al di fuori dell’orario di lavoro, ma solo se tali comportamenti hanno un impatto diretto sulla prestazione del lavoro o sulla reputazione dell’azienda.

Questa sentenza conferma la tendenza della giurisprudenza italiana a ritenere legittimo il licenziamento di dipendenti per comportamenti trasgressivi nelle ore extralavorative che hanno un impatto sulla prestazione del lavoro o sulla reputazione dell’azienda. 

Tuttavia, come sempre, la valutazione della legittimità del licenziamento dipenderà dalle circostanze specifiche del caso.

Riproduzione riservata ©
Data di pubblicazione: 22 Marzo 2023
Ultimo aggiornamento: 7 Settembre 2023

Antonella Marmo

Avvocato dello studio legale Canella Camaiora, iscritta all’Ordine di Milano, si occupa di Diritto Commerciale e del Lavoro.
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