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Questo articolo esamina le recenti novità introdotte dal Decreto Legge 15 maggio 2024, n. 63 (DL 63/2024) nel contesto dell’agroalimentare italiana, gli squilibri di potere nella filiera, le pratiche vietate e le tutele per i produttori.
La filiera agroalimentare italiana è fondamentale per l’economia nazionale, ma presenta significativi squilibri contrattuali, soprattutto tra grandi catene di distribuzione (GDO), intermediari e piccoli produttori. Recentemente, il Decreto Legge 15 maggio 2024, n. 63 (DL 63/2024), all’art. 4 ha introdotto alcune novità mirate a migliorare la situazione delle MPMI che rappresentano l’anello debole della filiera:
Nonostante queste misure, restano forti dubbi sull’effettiva capacità del DL di tutelare in modo adeguato i contraenti più deboli della filiera, come i coltivatori diretti e i piccoli produttori. Queste novità normative vanno a modificare ed integrare il Decreto Legislativo n. 198/2021. Ne parleremo tra poco.
Per comprendere appieno l’importanza delle tutele legali nella filiera agroalimentare, è essenziale analizzare il contesto del mercato italiano. Secondo il Rapporto ISMEA sull’agroalimentare italiano 2023, il valore aggiunto della filiera agroalimentare ha raggiunto i 64 miliardi di euro nel 2022. Di questi, 37,4 miliardi sono stati generati dal settore agricolo e 26,7 miliardi dall’industria alimentare. Complessivamente, la filiera rappresenta il 15,2% del PIL italiano, quando si includono le fasi di distribuzione, ristorazione e i servizi logistici necessari per far arrivare i prodotti dal campo alla tavola.
Supermercati e ipermercati, ovvero le grandi catene di distribuzione organizzata (GDO), e gli intermediari hanno un potere contrattuale molto maggiore rispetto ai piccoli produttori. Questa disparità permette ai “compratori” della filiera di dettare le regole e imporre condizioni contrattuali spesso gravose per i produttori, come tempi di pagamento molto lunghi e, a volte, prezzi inferiori ai costi di produzione (Cfr. “Pratiche sleali, risultati deludenti. va rivisto il diritto antitrust ue a tutela degli agricoltori verso la gdo” di G. Roveda).
L’AGCM (Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato), più di quindici anni fa, aveva evidenziato più volte come la concentrazione della domanda nelle centrali d’acquisto della GDO fosse alla base di questo significativo squilibrio di potere, con le aziende produttrici che costituiscono, ora come allora, l’anello debole della filiera (cfr. “L’indagine conoscitiva dell’AGCM sul ruolo della GDO nella distribuzione agro-alimentare” di A. Artom e, più recentemente, si v. “Il contratto di cessione dei prodotti agricoli e alimentari nelle relazioni business to business. Regole e funzioni del contratto nel sistema della filiera agroalimentare” di N. Lucifero su Persona e Mercato 2024/1).
Per affrontare questi problemi, l’Unione Europea aveva adottato la Direttiva (UE) 2019/633, mirata a contrastare le pratiche commerciali sleali nei rapporti tra imprese nella filiera agroalimentare. Il considerando 9 della direttiva recita: “Il numero e le dimensioni degli operatori variano tra una fase e l’altra della filiera agricola e alimentare. È probabile che le differenze nel potere contrattuale, che corrispondono alla dipendenza economica del fornitore dall’acquirente, portino gli operatori più grandi a imporre agli operatori più piccoli pratiche commerciali sleali. […] Le pratiche commerciali sleali sono dannose soprattutto per le imprese di dimensioni medio piccole (PMI) presenti nella filiera agricola e alimentare. Anche le imprese più grandi delle PMI ma con un fatturato annuale non superiore a 350.000.000 EUR dovrebbero essere tutelate dalle pratiche commerciali sleali, onde evitare che il costo di tali pratiche sia trasferito ai produttori agricoli. […]”.
Tale direttiva è stata adottata in Italia con il Decreto Legislativo n. 198/2021, oggi aggiornato ed integrato dal DL 63/2024. Nonostante le critiche ricevute, vediamo quali sono le disposizioni essenziali ovvero i paletti che regolano i rapporti di compravendita tra gli operatori della filiera
Il Decreto Legislativo n. 198/2021 aveva introdotto una serie di pratiche commerciali vietate nel settore agroalimentare, con l’obiettivo di contrastare gli squilibri di potere contrattuale tra fornitori e acquirenti e garantire condizioni di mercato più eque. Oggi, come abbiamo visto, tali regole sono state rafforzate dal DL del 2024. Tuttavia, vale la pena di ricordarle.
Quelle incluse nella lista nera sono vietate tout court e non possono essere utilizzate, indipendentemente da eventuali accordi tra le parti. Tra le pratiche vietate rientrano:
Un esempio di pratica vietata tout court si ha quando un grande supermercato annulla all’ultimo minuto un ordine di frutta fresca, lasciando il fornitore con merce che si deteriorerà rapidamente e senza un mercato alternativo. Un altro esempio è la richiesta di un acquirente di pagamenti per l’immagazzinamento di prodotti senza che tali costi siano stati precedentemente concordati.
Le pratiche incluse nella lista grigia sono considerate sleali a meno che non siano state previamente concordate tra le parti in modo chiaro e univoco. Tra queste pratiche rientrano:
Per denunciare pratiche sleali è possibile consultare il sito del Ministero: “Come denunciare pratiche sleali all’ICQRF”.
Con l’adozione del Decreto Legislativo n. 198/2021, l’Articolo 62 del Decreto-Legge n. 1 del 24 gennaio 2012 è stato abrogato. Questo articolo aveva introdotto regole per mitigare gli squilibri negoziali tra produttori agricoli, intermediari e GDO, ma era risultato inefficace per la mancanza di denunce e accertamenti d’ufficio.
La competenza per il controllo e l’applicazione delle sanzioni è stata trasferita dall’AGCM all’ICQRF (Ispettorato Centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari del MIPAAF). L’ICQRF è responsabile della supervisione dell’applicazione del Decreto Legislativo 198/2021, mentre l’AGCM mantiene un ruolo residuale per pratiche sleali non coperte dalla Direttiva (UE) 2019/633.
Uno dei problemi principali è che molti operatori della filiera agroalimentare non conoscono i propri diritti. Questa mancanza di consapevolezza impedisce loro di difendersi efficacemente contro le pratiche sleali. Ad esempio, il concetto di “costo medio di produzione“, introdotto dal DL 63/2024, rappresenta un importante strumento per garantire prezzi equi e tutelare il produttore. Questo costo, determinato dall’Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare ISMEA (Monitoraggio costo di produzione), include tutte le spese relative all’utilizzo delle materie prime, dei fattori produttivi sia fissi che variabili, e dei servizi necessari per il processo produttivo svolto con le tecniche prevalenti nell’area di riferimento. Il DL 63/2024 impone che i prezzi nei contratti di cessione b2b rispettino i “costi medi di produzione”, con l’intento così di prevenire il “sottocosto” che danneggia i piccoli produttori.
Il Decreto Legislativo 198/2021 aveva già esteso l’applicazione delle norme anche ai fornitori stranieri, ampliando l’ambito normativo della legge, vietando le pratiche nella lista nera e in quella grigia. Inoltre, come abbiamo visto sopra, il DL 63/2024 ha introdotto correttivi significativi al Decreto Legislativo 198/2021.
L’ICQRF avrebbe il compito di monitorare la filiera agroalimentare e condurre indagini su segnalazione o di propria iniziativa. Le indagini possono includere blitz senza preavviso e la raccolta di documentazione e testimonianze. Se vengono accertate violazioni, l’ICQRF può infliggere sanzioni amministrative che variano da €1.000 a €30.000, o fino al 3-5% del fatturato dell’impresa in casi gravi. Tuttavia, le sanzioni applicate sono spesso modeste, come nel caso di Eataly Spa (€5.500), Supermercati Martinelli Srl (€9.500) e Italatte Srl (€74.000). Si v. “Pratiche sleali: l’Icqrf convoca Italatte dopo la denuncia di Coldiretti” e “Pratiche sleali, sanzioni a eataly, supermercati martinelli e italatte. ecco le cifre”.
Secondo il report delle attività del 2023,l’ICQRF ha condotto oltre 54.000 controlli antifrode, emesso 5.548 contestazioni amministrative e sequestrato beni per un valore di oltre 42 milioni di euro. I settori più ispezionati sono stati quello vinicolo, oleario, lattiero-caseario e ortofrutticolo.
Nonostante i progressi normativi, resta quindi molto da fare per garantire che i produttori possano operare in un mercato equo e competitivo. La trasparenza, il rispetto dei termini di pagamento e la riduzione delle pratiche sleali richiedono un monitoraggio costante e un’applicazione rigorosa delle leggi.
Per i produttori, è fondamentale conoscere i propri diritti e le tutele previste dalla legge. Denunciare le pratiche sleali e fare affidamento sulle autorità competenti è essenziale per contrastare gli abusi e promuovere un ambiente commerciale più equo.
Infine, è auspicabile che le istituzioni continuino a rafforzare il quadro normativo e a implementare misure più efficaci per bilanciare i poteri contrattuali nella filiera agroalimentare. Solo così si potrà garantire un futuro sostenibile e prospero per tutti gli attori coinvolti.
Avvocato Arlo Canella