Ottenere il giusto risarcimento è tuo diritto. Contatta il nostro studio legale.
Calcola il preventivo
Una recente decisione del Tribunale del Lavoro di Bari (17 gennaio 2023, n. 97) ha confermato l’importanza della tutela dell’integrità fisica e morale dei lavoratori. Ma cosa succede se le molestie sono poste in essere dai colleghi? Il datore di lavoro può rimanere estraneo a questa situazione?
In questo articolo:
La sentenza citata pone in evidenza proprio la responsabilità del datore di lavoro e la necessità di affrontare le conseguenze di comportamenti oppressivi tra i dipendenti.
Un dipendente di una centrale termica ha avviato una causa contro il suo datore di lavoro presso il Tribunale di Bari. Il lavoratore lamentava di aver subito comportamenti vessatori e illegittimi da parte dei suoi colleghi e nonostante il datore di lavoro fosse stato informato della situazione non vi è stato alcun intervento per ripristinare la situazione. La richiesta del lavoratore era quella di ottenere un risarcimento per i danni subiti a livello biologico e morale, nonché il pagamento di una somma per l’invalidità temporanea, il rimborso delle spese mediche e la restituzione delle ore di lavoro non pagate.
Durante il processo, sono state raccolte testimonianze, analizzate la documentazione e effettuate perizie tecniche. Queste indagini hanno permesso di verificare la veridicità di quattordici episodi in cui il dipendente era stato preso di mira con attacchi personali, critiche e scherni dai suoi colleghi: un esempio tra i tanti, è l’aver lasciato il collega chiuso fuori dalla porta d’ingresso per un tempo prolungato.
Nonostante fosse stato informato di tali azioni, il datore di lavoro si era limitato a sanzionare tutti i dipendenti quasi due anni dopo, incluso il lavoratore preso di mira dai colleghi.
Il Tribunale ha accertato che le vessazioni subite dal lavoratore avevano portato a disturbi depressivi e d’ansia, che necessitavano di un trattamento farmacologico. L’accertamento di questa situazione ha di conseguenza avuto un peso notevole nella sentenza finale.
Il Tribunale infatti ha sottolineato il ruolo fondamentale del datore di lavoro nel proteggere l’integrità psicofisica del lavoratore, come previsto dall’art. 2087 c.c. Nonostante non fosse possibile dimostrare un caso di mobbing, il datore di lavoro è stato ritenuto responsabile per non aver rimosso le conseguenze delle condotte offensive o aver cercato di prevenirne di future.
Questa sentenza segue una linea giurisprudenziale consolidata che punisce l’inazione del datore di lavoro nella rimozione di comportamenti lesivi sul posto di lavoro. Un esempio analogo si trova in un’ordinanza del Tribunale di Vicenza del 2021, che ha ritenuto legittimo il licenziamento di una dipendente che aveva agito in modo oppressivo e ossessivo nei confronti delle sue sottoposte.
Il provvedimento del Tribunale di Bari offre l’opportunità di riflettere sulla portata reale di un principio fondamentale del mondo del lavoro: la tutela della salute del lavoratore.
Come statuisce la sentenza infatti: “E’ onere del datore di lavoro tutelare l’integrità fisica e la personalità morale del lavoratore ex art. 2087 c.c., rimuovendo le conseguenze lesive delle condotte vessatorie messe in atto tra colleghi o, quantomeno, impedendo che analoghe situazioni si verifichino nuovamente in futuro, anche quando non vi è mobbing”.
Tale tutela comprende sia la salute fisica che la dignità personale, la vita sociale e l’equilibrio psicofisico.
Antonella Marmo