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La controversia tra Chanel e Tigotà è nata quando quest’ultima ha iniziato a vendere profumi Chanel senza l’approvazione della maison. Questo caso mette in luce le complessità legate alla distribuzione selettiva di prodotti di lusso e ai diritti di un brand di limitare la vendita dei propri prodotti attraverso una rete esclusiva di rivenditori autorizzati per preservare il proprio prestigio.
La disputa ha avuto inizio quando Tigotà ha iniziato a vendere profumi Chanel, senza l’autorizzazione della maison. Chanel chiedeva, quindi, in via cautelare e urgente che fosse inibita la pubblicizzazione, la commercializzazione e l’offerta in vendita dei prodotti.
Un brand, infatti, può limitare la rivendita dei propri prodotti a una rete esclusiva di distributori autorizzati a condizione che il marchio sia rinomato e che tale sistema di distribuzione selettiva esista davvero. Tant’è che questa restrizione è legittima solo se rispetta tre condizioni fondamentali:
In sede di reclamo cautelare, il Tribunale di Milano con ordinanza del 17 marzo 2023, ha confermato le conclusioni del giudice di prime cure in ordine alla conformità del sistema di distribuzione selettiva adottato da Chanel riconoscendone, pacificamente, il carattere celebre del marchio.
In particolare, è stato ritenuto che le modalità di vendita poste in essere da Tigotà fossero “tali da svilire in maniera significativa e consistente il prestigio e l’aura di lusso del marchio Chanel”.
Il caso in esame si è focalizzato sulla vendita fisica (vendita c.d. brick and mortar) di profumi Chanel nei negozi Tigotà, estranea alla rete di distribuzione selezionata da Chanel.
Il Tribunale ha evidenziato come il titolare di un marchio possa opporsi, con l’azione di contraffazione, alla rivendita dei propri prodotti da parte di soggetti esterni alla propria rete di distribuzione, anche qualora costoro abbiano acquistato da licenziatari o da rivenditori autorizzati. Il Tribunale ha inoltre ritenuto che le tecniche di vendita adottate da Tigotà ledessero gravemente l’immagine di prestigio di Chanel.
In particolare, si è ritenuto che l’accostamento dei prodotti Chanel a una vasta gamma di prodotti di qualità e tipologie diverse, come articoli per la pulizia domestica, prodotti per l’igiene personale a basso costo e, addirittura, a cibo per animali, potessero svilire gravemente l’immagine di esclusività associata ai prodotti Chanel.
Anche l’aspetto interno dei negozi Tigotà non rispecchia quello che ci si aspetterebbe da una profumeria di lusso. Elementi come i carrelli della spesa in plastica, scaffali disordinati e corridoi interrotti da stand pubblicitari non sono stati ritenuti adeguati dal Tribunale per allinearsi agli standard di vendita richiesti da Chanel alla propria rete autorizzata.
Infine, anche la mancanza di personale qualificato ha influito sulla decisione.
Di conseguenza, l’abbinamento di prodotti di lusso con articoli vari, un allestimento inadeguato del negozio e la mancanza di personale esperto sono da considerarsi come fattori chiave nel determinare un danno all’immagine di un brand di lusso che opera in distribuzione selettiva.
Nonostante nel presente contributo ci si focalizzi principalmente sulle vendite offline, riteniamo sia importante menzionare anche la normativa inerente le vendite online per fornire al lettore una visione più completa.
Secondo il Regolamento UE n. 330/10, oggi sostituito dal Regolamento UE 2022/720, le vendite online sono riconosciute come una modalità di vendita legittima, che non può essere proibita o limitata dal produttore.
Il divieto assoluto di vendere online è limitativo della concorrenza e, pertanto, altamente proibito. Allo stesso modo, è altresì vietato limitare la vendita online (in percentuale), reindirizzare automaticamente i clienti verso il sito web del produttore e imporre un prezzo più alto per i prodotti venduti online rispetto a quelli venduti offline.
D’altra parte, il fornitore può porre alcune condizioni alla vendita online, ad esempio:
Inoltre, nel contesto della vendita online, la giurisprudenza ha negli ultimi anni ha stabilito chiaramente quali sono gli elementi che possono danneggiare la reputazione e il prestigio di un marchio. Questi sono:
Questi principi sono stati stabiliti in casi giuridici specifici: Trib. Milano del 3 luglio 2019 (Amazon contro Sisley); Trib. Milano del 19 ottobre 2020 (Beautè Prestige – Shiseido contro Amazon).
Le aziende che possiedono marchi prestigiosi tendono a mantenere un buon controllo sulla distribuzione dei loro prodotti al fine di salvaguardare il valore e l’immagine del marchio.
Detto valore è strettamente legato non solo alla qualità intrinseca dei prodotti, ma anche a come vengono commercializzati. Fattori come i servizi offerti prima e dopo la vendita, la presentazione dei prodotti, la scelta e la posizione dei punti vendita contribuiscono a mantenere rigorosa l’immagine del brand.
Questo concetto si riflette nella distribuzione selettiva, una strategia in cui i distributori autorizzati alla vendita dei prodotti di lusso vengono scelti in base a standard qualitativi e/o quantitativi specifici (si veda Distribuzione selettiva e tutela dei marchi di lusso: la corte di Cassazione offre alcuni spunti sui criteri di selezione della rete, a firma dell’Avv. Canella). La scelta dei rivenditori deve avvenire secondo criteri oggettivi, stabiliti indistintamente per tutti i potenziali rivenditori e applicati in modo non discriminatorio.
Una volta selezionati, i rivenditori si impegnano a promuovere e vendere i prodotti solo ai consumatori finali o ad altri distributori selezionati all’interno della rete, avendo cura di rispettare e mantenere l’immagine di prestigio del brand.
Dati i suoi effetti di restrizione della concorrenza, la distribuzione selettiva è oggetto di apposita regolamentazione in ambito antitrust. Tale sistema di distribuzione è infatti generalmente vietato dall’art. 101 comma 1 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE), il quale vieta tutti quegli accordi tra imprese che impediscono, restringono o falsano il gioco della concorrenza all’interno del mercato interno.
In particolare, vige il divieto di:
In conclusione, desideriamo enfatizzare che la redazione e l’assistenza contrattuale costituiscono un aspetto cruciale delle competenze offerte dallo Studio Legale Canella Camaiora. La nostra esperienza nel settore ci consente di affrontare con rigore e precisione le questioni legali contrattuali, fornendo ai nostri clienti soluzioni personalizzate e mirate.
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Debora Teruggia