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Recentemente la Commissione di Ricorso dell’Ufficio dell’Unione Europea per la Proprietà Intellettuale (EUIPO) è stata chiamata a esaminare e risolvere una questione controversa (R 2305/2022-2) riguardo la registrabilità come marchio dell’Unione Europea di un’emoji. In questo articolo:
Il 16 dicembre 2021, una società tedesca compiva un passo interessante nel campo dei marchi, depositando una domanda di registrazione per un’emoji rappresentante il gesto “ti amo” . La richiesta era stata presentata per i servizi delle classi 36 (servizi finanziari e immobiliari) e 37 (servizi nel campo dell’edilizia e delle pulizie).
La scelta di un simbolo così universalmente riconosciuto pone interrogativi interessanti in materia di marchi. Il gesto “ti amo” è un segno simbolico di amore e accettazione che ha trasceso le barriere linguistiche. Tuttavia, la sua universalità e il suo uso diffuso potrebbero ostacolarne la registrazione, dando vita a un dilemma che mette in discussione l’intersezione tra linguaggio comune e proprietà intellettuale.
La questione ha portato la Commissione di Ricorso dell’Ufficio dell’Unione Europea per la Proprietà Intellettuale (EUIPO) di fronte a una decisione complessa. La domanda non solo tocca la società richiedente ma rispecchia anche una tendenza crescente nel mondo dei marchi, vediamo perché.
L’audace tentativo della società tedesca di registrare un’emoji come marchio ha trovato immediata opposizione da parte dell’esaminatore dell’EUIPO. Il motivo? La mancanza di carattere distintivo del segno in questione, come stabilito dall’articolo 7, paragrafo 1, lettera b) del regolamento n. 2017/1001 dell’Unione Europea (RMUE). Un ostacolo non da poco, che ha mandato in frantumi le aspirazioni iniziali della società.
L’esaminatore non ha avuto dubbi: l’emoji raffigurante il gesto “ti amo” nella lingua dei segni degli Stati Uniti (ASL), pur essendo un’illustrazione realistica e universalmente riconosciuta, non aveva quel carattere distintivo necessario per essere considerata registrabile. La decisione si ancorava a una giurisprudenza consolidata, secondo cui pittogrammi, emoticon e faccine, comunemente utilizzati per esprimere emozioni positive, non possono essere considerati distintivi di prodotti o servizi specifici.
L’approccio dell’esaminatore ha portato la società richiedente a presentare ricorso, chiedendo l’annullamento di una decisione che potrebbe avere ripercussioni ben al di là del caso individuale. Vediamo quali sono state le argomentazioni del richiedente per contrastare il rifiuto.
Contrapposta all’interpretazione dell’esaminatore, la posizione del richiedente non ha tardato a manifestarsi, sfidando il rifiuto iniziale con argomenti ponderati. A detta della società tedesca, il segno controverso non era privo di merito: possedeva, infatti, una distintività, seppur minima, che avrebbe dovuto essere sufficiente a superare l’impedimento alla registrazione di cui all’articolo 7, paragrafo 1, lettera b) del RMUE.
Il richiedente non si è fermato qui, mettendo in discussione la classificazione stessa del segno come pittogramma o emoticon. Ha sottolineato come la combinazione unica di forme e proporzioni, unita al significato universalmente riconosciuto, rendesse l’emoji oggetto del contendere un’entità a sé, ben distinta dai generici pittogrammi o faccine della comunicazione quotidiana.
La società ha altresì rifiutato l’applicazione della giurisprudenza citata al caso specifico. A suo avviso, il segno si discostava dai comuni pittogrammi o emoji, prevalentemente utilizzati per esprimere emozioni generiche, e possedeva pertanto un carattere distintivo che avrebbe permesso di associarlo facilmente all’impresa, consentendo una chiara differenziazione sul mercato. Pertanto, il segno sarebbe stato facilmente associabile alla società consentendole di essere riconosciuta tra le tante.
L’articolo 7, paragrafo 1, lettera b) del Regolamento dell’Unione Europea sul marchio (RMUE) rappresenta la normativa cardine nella decisione presa sia dall’EUIPO che dalla Commissione di ricorso. Questa norma stabilisce che non possano essere registrati come marchi dell’Unione Europea i segni che “siano privi di carattere distintivo“.
Questa disposizione mira a garantire che i marchi registrati siano capaci di distinguere i prodotti o servizi di un’impresa da quelli di imprese concorrenti. La ratio della norma è quella di assicurare che i marchi registrati possano funzionare come indicatori dell’origine commerciale dei beni o dei servizi. Il carattere distintivo, quindi, è considerato un elemento essenziale per la funzione di un marchio e per la sua capacità di segnalare ai consumatori l’origine dei prodotti o dei servizi.
Questo significa che se un segno non possiede alcun carattere distintivo, il pubblico non sarà in grado di identificare l’impresa che sta dietro il prodotto o il servizio, né di distinguere tali prodotti o servizi da quelli offerti da terzi. Di conseguenza, un segno privo di carattere distintivo non può essere registrato come marchio ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera b) del RMUE.
Dopo aver esaminato attentamente le argomentazioni del richiedente e valutato tutte le prove e le considerazioni giuridiche pertinenti, la Commissione di Ricorso dell’EUIPO emetteva la sua decisione finale riguardante la registrabilità del marchio costituito da un’emoji raffigurante il gesto “ti amo”.
Nella sua decisione del 1° giugno 2023, la Commissione ha rigettato il ricorso presentato dal richiedente, confermando la decisione iniziale dell’esaminatore. La Commissione ha infatti ritenuto che il segno controverso non possedesse il grado minimo di carattere distintivo richiesto per superare l’impedimento alla registrazione ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera b) del RMUE.
Secondo la Commissione il segno di cui si chiedeva la registrazione sarebbe stato percepito dal pubblico di riferimento come un messaggio pubblicitario generico o un elemento puramente decorativo, privo di qualsiasi carattere distintivo in grado di identificare l’origine commerciale dei servizi. Ad avviso della Commissione, il segno raffigurava un pittogramma comune, assimilabile a una faccina o un emoticon, utilizzato prevalentemente per esprimere emozioni positive come gioia, entusiasmo o felicità, ma non per identificare l’origine di servizi specifici.
In conclusione, la Commissione di Ricorso dell’EUIPO ha confermato la decisione dell’esaminatore dell’EUIPO e ha respinto il ricorso della società tedesca richiedente, rigettando quindi la domanda di registrazione del marchio. Alla luce della decisione della Commissione, è sempre raccomandabile rivolgersi a professionisti esperti del settore prima di procedere alla registrazione di un marchio anche al fine di valutare che il segno designato abbia tutti i requisiti per la registrazione (novità, capacità distintiva e liceità).
Margherita Manca