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L’argomento centrale della sentenza – Cass. civ., Sez. I, Ord. (data ud. 16/02/2023), 14/03/2023, n. 7378 – riguarda l’analisi dell’applicazione dei criteri per la distribuzione selettiva nel caso di vendita non autorizzata di prodotti di lusso e il loro impatto sulla tutela dei diritti dei titolari di marchi. L’attenzione su tali criteri è cruciale poiché determina se la condotta dei rivenditori rispetta le norme stabilite dai produttori al fine di preservare l’esclusività e il prestigio del marchio.
Il caso affrontato dalla sentenza riguarda la controversia tra Chantecler Spa, titolare del marchio “Chantecler”, e Gens Aurea Spa, un’impresa che ha venduto prodotti recanti il marchio Chantecler senza l’autorizzazione del titolare del marchio stesso. Chantecler Spa sostiene che la vendita non autorizzata dei suoi prodotti di lusso da parte di Gens Aurea Spa abbia arrecato pregiudizio alla reputazione del suo marchio e alla sua rete di distribuzione selettiva.
La Corte d’Appello aveva valutato la questione alla luce del principio di esaurimento del marchio previsto dall’articolo 5 del Codice di Proprietà Industriale, oltre che alla luce del regolamento UE n. 330/2010 relativo alla distribuzione selettiva.
La Corte d’Appello aveva rigettato la domanda di Chantecler Spa, ritenendo che non fosse stata fornita la prova che i distributori autorizzati fossero stati effettivamente selezionati sulla base di determinati requisiti prestabiliti, come richiesto dall’articolo 1, lett e) del regolamento UE n. 330/2010. Vediamo cosa questo significhi esattamente.
La ratio legis dell’articolo 5 del Codice di Proprietà Industriale, che introduce il principio di esaurimento del marchio, è quella di garantire la libera circolazione delle merci all’interno del territorio dell’Unione Europea. La finalità di questo principio è di promuovere la concorrenza e di prevenire situazioni in cui il titolare del marchio possa abusare della propria posizione dominante o limitare ingiustificatamente la commercializzazione ulteriore dei prodotti recanti il marchio stesso.
In altre parole, il principio di esaurimento del marchio cerca di bilanciare gli interessi del titolare del marchio, che ha il diritto di proteggere la propria immagine e reputazione, con gli interessi dei consumatori e dei rivenditori, che devono poter accedere liberamente ai prodotti recanti il marchio e commercializzarli senza restrizioni indebite, a vantaggio dei consumatori.
È importante sottolineare che questo principio non è assoluto e prevede un’eccezione, come indicato dal comma 2 dell’articolo 5 del Codice di Proprietà Industriale. In particolari circostanze, ovvero quando sussistono “motivi legittimi”, il titolare del marchio può opporsi all’ulteriore commercializzazione dei prodotti. L’esistenza di una rete di distribuzione selettiva rappresenta uno di questi motivi legittimi. Vediamo quali sono i criteri di selezione dichiarati da Chantecler.
Forse la parte più interessante della sentenza è proprio l’elencazione dei criteri in uso presso l’azienda Chantecler. Nel caso specifico, i criteri citati per la selezione dei distributori nella sua rete di distribuzione selettiva sono i seguenti:
Purtroppo, nel grado di Appello, la Corte non aveva ritenuto vi fosse la prova della distribuzione selettiva. O meglio, Chantecler Spa aveva precisato i criteri prestabiliti secondo cui i suoi distributori avrebbero dovuto essere selezionati, come richiesto dall’art. 1, lett e) reg. UE 330-2010, ma ciò che è risultato carente è stata la prova in giudizio dell’applicazione effettiva di tali criteri.
È importante sottolineare che la Direttiva Europea 2008/95/CE ha introdotto, attraverso l’articolo 7, il principio di esaurimento del marchio nell’ambito dell’Unione Europea. Tale principio, recepito dall’articolo 5 del Codice di Proprietà Industriale italiano, è un’espressione della libera circolazione delle merci.
In base a questo principio, una volta che il titolare di diritti di proprietà industriale mette in commercio un prodotto contrassegnato dal marchio all’interno del territorio dell’Unione Europea, direttamente o con il proprio consenso (ad esempio tramite un licenziatario), perde le facoltà esclusive relative al marchio stesso.
Di conseguenza, l’esclusività si limita al primo atto di messa in commercio, e il titolare del diritto di proprietà industriale non può più rivendicare alcuna esclusiva sulla ulteriore circolazione del prodotto contrassegnato dal marchio.
Tuttavia, il principio di esaurimento presenta un’eccezione: il secondo comma dell’articolo 5 del Codice di Proprietà Industriale prevede che “Questa limitazione dei poteri del titolare tuttavia non si applica quando sussistano motivi legittimi perché il titolare stesso si opponga all’ulteriore commercializzazione dei prodotti“. La Cassazione ha avuto modo di chiarire che non si tratta solo di stabilire dei criteri selettivi, ma anche di adottarli e di conservare la prova di tale applicazione finalizzata al mantenimento di una certa allure del marchio.
Nel caso di specie, Cass. civ., Sez. I, Ord. (data ud. 16/02/2023), 14/03/2023, n. 7378, il vizio di motivazione non era stato dedotto dalla ricorrente, quantomeno nei termini richiesti dalla sentenza delle Sezioni Unite con la sentenza n. 8053-2014, e comunque è insussistente la dedotta contraddittorietà dell’iter logico seguito dalla Corte d’Appello, non avendo, sul punto, la ricorrente colto correttamente la ratio decidendi.
Questa pronuncia avrà un impatto significativo sulla regolamentazione della distribuzione selettiva e sulla tutela dei marchi di lusso. Da un lato, essa evidenzia l’importanza dei criteri di selezione stabiliti dal titolare del marchio per mantenere l’esclusività e il prestigio del marchio stesso. Dall’altro, sottolinea l’attenzione che le imprese devono prestare nel dimostrare l’effettiva applicazione di tali criteri nella scelta dei distributori autorizzati.
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Avvocato Arlo Canella