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Diritto d’autore e abbigliamento: il caso Nirvana vs. Marc Jacobs

Pubblicato in: Proprietà Intellettuale
di Giulia Perez
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Ci avevate mai pensato? Il diritto d’autore protegge anche ciò che viene stampato sui capi di abbigliamento.
La Legge non permette, infatti, di sfruttare le creazioni altrui senza l’autorizzazione dell’autore. Questo vale anche nel settore dell’abbigliamento, per quanto riguarda lo sfruttamento dei disegni utilizzati per la stampa dei capi messi in vendita.

Addirittura i privati che, recandosi in una stamperia, volessero far imprimere su una maglietta un disegno coperto dal diritto d’autore dovrebbero premurarsi di “recuperare” l’autorizzazione  da parte del detentore dei diritti su quell’immagine in questione, sia essa un pittogramma, una fotografia, un disegno etc. La normativa in materia di diritto d’autore (L. n. 633/1941) prevede espressamente che i diritti di sfruttamento delle opere spettino soltanto all’autore o ai suoi legittimi aventi causa (titolari di licenze etc.).

Perfino le Maison dovrebbero adottare tali accorgimenti. Vediamo cosa è accaduto a Marc Jacobs.

Il caso “Nirvana vs. Marc Jacobs”

Nel 2018 Jacobs ha presentato la sua collezione “Bootleg Redux Grunge”, attirando l’attenzione del pubblico proprio grazie all’evocazione del celebre Smiley dei Nirvana. Il gruppo ha prontamente intentato causa contro Jacobs per violazione del diritto d’autore e per contraffazione di marchio.

Infatti, lo Smiley sarebbe stato disegnato nel 1991 proprio da Kurt Cobain e sarebbe apparso sui volantini promozionali e sulle magliette di un concerto tenutosi nello stesso anno. Da allora, i Nirvana non hanno mai abbandonato lo sfruttamento commerciale dello Smiley.

Secondo i legali del gruppo la condotta della Maison sarebbe stata abusiva perché avrebbe indotto il consumatore in errore, arrecando “danni irreparabili” e “minacciato di dissolvere il valore delle privative dei Nirvana“. Il gruppo ha richiesto, oltre al risarcimento dei danni, il ritiro dalle vendite degli articoli in questione.

Diritto d’autore e abbigliamento: tra contraffazione e autorizzazione

Sia chiaro, non è la prima volta che lo Smiley dei Nirvana compare su capi d’abbigliamento distribuiti, tra i tanti, da HM, Target, Urban Outfitters… con la differenza che in quei casi i distributori in questione si erano premurati di ottenere la concessione di una licenza formale da parte del gruppo.

Per il vero, l’iconico Smiley è uno dei simboli più contraffatti al mondo (tant’è che in ogni mercatino è possibile trovare qualche capo non autorizzato). Tuttavia, il gruppo non potrebbe trovare soddisfazione perseguendo, uno per uno, questi micro distributori.

La situazione assume un rilievo evidentemente diverso quando il contraffattore è nientepopodimeno che una Maison di rango internazionale. La materia del contendere, oltretutto, assume un rilievo maggiore, non solo in termini economici ma anche di principio. I Nirvana stanno lanciando un messaggio molto chiaro al mondo della moda: non verrà tollerata alcuna citazione non autorizzata, né tanto meno alcuna sua furbesca evocazione. Il fatto che Jacobs fosse arrivato a battezzare la collezione con il nome di “riedizione di contrabbando del grunge” (“Bootleg Redux Grunge“, sfruttando perfino alcuni estratti dei testi più celebri delle canzoni di Cobain, risulterebbe inaccettabile oltre che sfacciatamente confessorio.

La difesa di Marc Jacobs

Il team legale dello stilista avrebbe trovato diverse imprecisioni nelle accuse del gruppo. La principale contestazione che è stata mossa alle accuse sollevate dai Nirvana è proprio il fatto che non sia chiaro chi effettivamente abbia disegnato il celebre Smiley.

Anche i membri rimanenti del gruppo grunge, Dave Grohl e Krist Novoselic hanno ammesso nel corso di una testimonianza che non avevano la certezza di chi lo avesse realizzato. L’identificazione dell’autore dello Smiley è un punto chiave. Ricordiamo, infatti, che l’autore della creazione è il soggetto titolare dei diritti sull’opera.

Tra questi non rientrano soltanto i c.d. diritti morali (come il diritto di rivendicare la paternità dell’opera), ma anche i diritti di sfruttamento economico dell’opera (c.d. diritti patrimoniali) attraverso la pubblicazione, l’utilizzo, la riproduzione, la distribuzione e la diffusione della creazione. Non è forse proprio questo il punto cardine, ciò di cui si sta dibattendo?

L’intervento di Robert Fisher

Nel corso della medesima causa è quindi intervenuto Robert Fisher, l’allora Art Director della casa discografica dei Nirvana. Egli sostiene che, a dispetto di ciò che si pensa, fu lui, e non Kurt Cobain, ad ideare e disegnare l’icona nel 1991.

Nello specifico, Fisher reclama la paternità dello Smiley in quanto lo avrebbe realizzato nel tempo libero, e non su commissione della band o nell’ambito del lavoro subordinato per la Geffen Records (la casa discografica dei Nirvana).

I Nirvana hanno ribattuto che la dichiarazione non sembrerebbe del tutto genuina proprio perché Fisher ha aspettato ben 29 anni prima di dichiararsi autore. Secondo il gruppo, invece, la titolarità sul disegno in questione è stata fin da subito riconosciuta da parte di Geffen Records a Kurt Cobain e, per sua volontà, all’intero gruppo. Tale riconoscimento avrebbe garantito al presunto autore ogni diritto di sfruttamento, sottraendolo alla casa discografica.

Come si concluderà la causa?

Ancora non ci è dato sapere. Alla prossima udienza, fissata per l’8 marzo 2021, Fisher potrà comparire e fornire l’eventuale prova della paternità del logo. Si ricorda, infatti, che è riconosciuto come primo autore effettivo colui che è in grado di dimostrare di essere in possesso di una copia dell’opera prima di altri. Il che non appare di certo semplice per Fisher.

La Corte adita ha nel frattempo respinto la domanda di archiviazione proposta da Jacobs, ritenendo fondate le pretese dei Nirvana. La Corte, infatti, ha statuito che ad oggi lo Smiley è tutelato attraverso il marchio di fatto utilizzato in maniera continuativa dalla band sin dal 1991 e che il design della maglietta di Jacobs risulta sufficientemente simile al logo del gruppo da ritenere plausibile la violazione del diritto d’autore.

Una cosa è certa: è fondamentale conservare la prova delle proprie creazioni al fine di evitare lunghe e dispendiose dispute in tal senso. Meglio tutelarsi oggi tramite semplici e rapidi strumenti piuttosto che dover affrontare cause legali domani.

Lo Studio legale Canella Camaiora si occupa di diritto d’autore legato all’abbigliamento e, più in generale, nel diritto della proprietà intellettuale. Contattaci per ricevere assistenza in materia di marchi, design e diritto d’autore o utilizza i nostri strumenti automatizzati per ricevere subito un preventivo.

Riproduzione riservata ©
Data di pubblicazione: 29 Dicembre 2020
Ultimo aggiornamento: 7 Settembre 2023

Giulia Perez

Laureata presso l'Università di Bologna, praticante avvocato appassionata di diritto pubblico e dell'ambiente
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