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In un panorama giuridico in continua evoluzione, la sentenza n. 429/2023 del Tribunale di Torino ha introdotto un nuovo approccio, ribaltando le convenzioni esistenti sul trasferimento dei lavoratori e l’indennità NASPI.
La controversia nasce da un evento specifico: le dimissioni per giusta causa di una lavoratrice. Tutto ha avuto inizio con il trasferimento della sua sede di lavoro da Torino a Trieste, un percorso di oltre 80 km, che ha innescato una serie di conseguenze fatali.
La lavoratrice ha richiesto l’accesso all’indennità NASPI, ma la richiesta è stata inizialmente respinta dall’INPS. L’ente previdenziale, seguendo la prassi consolidata e delineata nella Circolare n. 369/2018, ha imposto alla lavoratrice l’onere della prova. Secondo questa interpretazione, spettava a lei dimostrare che il trasferimento non era giustificato da valide ragioni tecniche, organizzative e produttive, come previsto dall’articolo 2103 del codice civile.
In altri termini, era necessario che la lavoratrice mettesse in luce l’infondatezza del trasferimento per poter rivendicare la validità delle sue dimissioni per giusta causa e, di conseguenza, ottenere l’indennità NASPI. Tale posizione dell’INPS, radicata in anni di prassi, ha reso il caso non solo un problema individuale ma un tema rilevante per il diritto dei lavoratori in generale.
Il Tribunale di Torino, assumendo una posizione inedita, ha accolto il ricorso della lavoratrice e, in tal modo, ha disatteso gli orientamenti precedentemente sostenuti dall’INPS. Questo giudizio è stato espresso tenendo conto anche del Decreto Legislativo n. 22/2015, contrapponendosi in modo significativo alla prassi preesistente.
La legislazione italiana pone come requisito essenziale per accedere all’indennità NASPI la “perdita involontaria dell’occupazione“. Tradizionalmente, l’INPS ha interpretato tale requisito come soddisfatto solo se il rapporto di lavoro veniva risolto consensualmente, a causa di un trasferimento che comportasse un percorso superiore a 50 km o un tempo di tragitto in trasporti pubblici superiore a 80 minuti.
Tuttavia, il Tribunale di Torino ha introdotto un nuovo punto di vista. Ha osservato che se un dipendente si dimette per giusta causa a seguito di un trasferimento non sostenuto da “ragioni tecniche, organizzative e produttive”, come sancito dall’articolo 2103 del codice civile, ciò comporta un mutamento significativo delle condizioni lavorative. Di conseguenza, anche in questo scenario, l’accesso alla NASPI dovrebbe essere garantito.
Questo giudizio si basa sulla constatazione che, garantendo la NASPI in caso di risoluzione consensuale, l’INPS riconosce implicitamente che un trasferimento a notevole distanza rappresenta una variazione sostanziale delle condizioni lavorative.
In sintesi, il Tribunale di Torino ha ritenuto che la decisione del lavoratore di dimettersi a causa del trasferimento della sede lavorativa deve essere interpretata come una “perdita involontaria” dell’occupazione. Di conseguenza, non è più necessario dimostrare l’infondatezza del trasferimento per accedere all’indennità NASPI. Questa sentenza apre una nuova via interpretativa, che potrebbe avere ripercussioni notevoli sull’equilibrio tra i diritti dei lavoratori e le esigenze organizzative datoriali.
La sentenza del Tribunale di Torino n. 429/2023 non è solamente un giudizio isolato su un caso specifico; essa potrebbe segnare un punto di svolta nel panorama giuridico-lavorativo italiano. Le possibili ripercussioni di questa decisione richiedono un’attenta analisi da parte di tutti gli attori coinvolti nel mondo del lavoro.
Per i Lavoratori: La sentenza offre un nuovo strumento di tutela, riconoscendo che le dimissioni per giusta causa dovute a un trasferimento non giustificato possono dare diritto all’indennità NASPI. Tale decisione potrebbe incoraggiare una maggiore assertività da parte dei lavoratori nell’affrontare trasferimenti ingiustificati.
Per i Datori di Lavoro: La necessità di una motivazione più solida e documentata per i trasferimenti impone una nuova responsabilità. La decisione di trasferire un dipendente dovrà essere accompagnata da una valutazione accurata delle ragioni tecniche, organizzative e produttive, al fine di evitare possibili contenziosi.
Per le prassi giuslavoristica in Italia: Questa decisione potrebbe spingere le aziende a riconsiderare le loro politiche interne, promuovendo una gestione più etica e trasparente dei trasferimenti.
In conclusione, la sentenza n. 429/2023 del Tribunale di Torino non è soltanto una decisione legale circoscritta, ma un segnale di un possibile cambiamento nella cultura lavorativa. Le sue ripercussioni potrebbero avere un impatto che va oltre il caso specifico, influenzando l’interazione tra datori di lavoro e lavoratori, e contribuendo a ridefinire gli equilibri nel panorama lavorativo nazionale.
Debora Teruggia