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Corte di Cassazione: come calcolare l’assegno divorzile in modo corretto (ord. 6515 del 03/03/2023)

Pubblicato in: Famiglia
di Mariasole Trotta
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La Corte di Cassazione, in una recente Ordinanza (n. 6515 del 03/03/2023), è tornata a pronunciarsi su quale sia il corretto criterio di calcolo che i Giudici devono adottare per stabilire l’ammontare dell’assegno divorzile in favore del coniuge economicamente più debole. In questo articolo:

L’errore di calcolo commesso dai Giudici di merito

Con Sentenza n. 1186/2018 il Tribunale di Lamezia Terme dichiarava la cessazione degli effetti civili del matrimonio tra A.A. e B.B. disponendo in capo al marito il pagamento di Euro 300,00 a titolo di assegno divorzile in favore dell’ex moglie e di ulteriori Euro 300,00 a titolo di mantenimento in favore dei due figli della coppia maggiorenni ma non economicamente autosufficienti.

Entrambi i coniugi ricorrevano in Appello. In quella sede, i Giudici ridussero l’assegno divorzile a Euro 250,00 mensili, rimodulando altresì il mantenimento in favore dei figli della coppia.

Nello specifico La Corte d’Appello sostenne che se dalle indagini condotte dalla Guardia di Finanza sui redditi dei due ex coniugi, emerse che la moglie era effettivamente disoccupata, emerse anche che “la retribuzione percepita dal marito, pari ad un netto medio di circa Euro 1.500,00 mensili, risultava gravata da pesanti oneri finanziari (tra i quali una cessione del quinto e un prestito) risultando, pertanto, eccessivo l’importo stabilito dai giudici di prime cure in relazioni alle condizioni economiche dell’obbligato”.

Il Giudice quando può disporre accertamenti della Guardia di Finanza sul reddito dei coniugi?

Nel caso che ci occupa i giudici hanno ritenuto – in ottica di corretto calcolo dell’assegno divorzile – di dover demandare alla Guardia di Finanza l’accertamento sui redditi, sul patrimonio e sul tenore di vita dei due coniugi.

Infatti, quando le informazioni economiche che emergono dalla documentazione reddituale prodotta dai coniugi in giudizio risultino essere non verosimili, incomplete o addirittura false, il giudice potrà disporre – anche d’ufficio – un’indagine patrimoniale a mezzo della polizia tributaria. Nell’ambito del diritto di famiglia, i poteri istruttori del giudice sono molto più estesi rispetto a quelli concessi dalla legge nell’ambito degli altri giudizi civili.

Ai sensi dell’art 473 bis.2 cpc si precisa che: “Con riferimento alle domande di contributo economico, il giudice può d’ufficio ordinare l’integrazione della documentazione depositata dalle parti e disporre ordini di esibizione e indagini sui redditi, sui patrimoni e sull’effettivo tenore di vita, anche nei confronti dei terzi, valendosi se del caso della polizia tributaria”.

È pertanto, sempre opportuno, produrre con l’atto introduttivo del giudizio tutta la documentazione reddituale richiesta dalla legge senza inesattezze o lacune di sorta, al fine di scongiurare un accertamento della Guardia di finanza.

Quali trattenute sulla busta paga incidono sul reddito da lavoratore dipendente?

Tornando alla causa di divorzio, la moglie decise di ricorrere in Cassazione a fronte della riduzione operata dai giudici dell’appello sull’ammontare mensile dell’assegno divorzile in capo all’ex marito.

La Suprema Corte – ai fini dell’attribuzione o meno dell’assegno divorzile – ha ribadito che questo abbia sia una funzione assistenziale e sia – in pari misura – una funzione compensativo-perequativa, pertanto è necessario accertare che il coniuge richiedente l’assegno non abbia mezzi economici per sostenersi e che non possa procurarseli per ragioni oggettive.

Chiarito ciò, ha poi enunciato il principio per cui, ai fini della determinazione del reddito netto del lavoratore dipendente, non devono essere prese in considerazione le trattenute sulla busta paga del lavoratore che derivo da suoi atti dispositivi (come la cessione del quinto o prestiti).

 In particolare: “In tema di assegno divorzile e di contributo al mantenimento del figlio, la determinazione del reddito da lavoro dipendente del soggetto a carico del quale sono richieste quelle prestazioni, impone di tenere conto delle ritenute fiscali e contributive operategli in busta paga sulla retribuzione, mentre il rilievo attribuibile, per il medesimo fine, ad altre trattenute ivi eventualmente effettuategli dal datore di lavoro può variare a secondo del loro specifico titolo, dovendosi valutare il grado di necessità del corrispondente esborso”.

Nel caso di specie, i giudici di merito avevano attribuito rilievo anche ad alcune trattenute sulla busta paga derivanti da una cessione del quinto e da un prestito che il marito aveva contratto. 

Si trattava quindi di trattenute che – secondo l’insegnamento della Cassazione – i giudici del merito non avrebbero dovuto prendere in considerazione perché derivanti da atti dispositivi del lavoratore, a differenza di quelle fiscali e contributive le quali prescindono totalmente dalla volontà dell’obbligato.

 

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Data di pubblicazione: 16 Marzo 2023
Ultimo aggiornamento: 7 Settembre 2023

Mariasole Trotta

Laureata magna cum laude all'Università degli Studi di Roma Tre, Avvocato appassionata di Diritto di famiglia.
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