La tela di ragno veniva già apparentemente utilizzata nel ‘500 da alcuni monaci dell’Alto Adige per dipingere dei piccoli ritratti di cui oggi, ne restano superstiti solamente qualche centinaio. Delicatissimi e decisamente originali, rappresentano di certo una particolarità nella pittura dell’epoca, e nella problematica della loro conservazione.
Il restauro infatti, ha la finalità di ristabilire l’integrità dell’opera d’arte, senza manometterne l’artisticità o la storicità, e senza cancellare il percorso che la medesima ha compiuto nel tempo.
L’artista è un ricettacolo di emozioni che vengono da ogni luogo: dal cielo, dalla terra, da un pezzo di carta, da una forma di passaggio, da … una tela di ragno.
Pablo Picasso
La finalità del restauro contenuto nell’art. 29 del Codice dei Beni Culturali, parla di intervento sul bene attraverso un insieme di operazioni finalizzate al mantenimento dell’integrità, dell’efficienza funzionale e dell’identità del bene e delle sue parti: quindi parla da un lato di un intervento di preservazione materiale del bene e dall’altro di un intervento che protegga, mantenga e trasmetta il valore culturale dell’opera.
Quando si parla di restauro nel contemporaneo le cose si complicano perché in questo periodo l’idea di perpetuo, così significativa nell’arte classica e ben più indebolita nel periodo moderno, lascia il posto all’idea del temporaneo, e questa nuova concezione si riflette sui materiali utilizzati per fare arte, producendo degli effetti collaterali inevitabili sugli interventi conservativi delle opere.
Le creazioni artistiche contemporanee spesso sono effimere, nascono già usurate e vengono rappresentate con materiali deperibili, alterabili e realizzate grazie a procedimenti innovativi, non collaudati, fatti di sperimentazione sia su materiali che su pigmentazioni del colore; utilizzando carte industriali, colori acrilici, colle e resine, materiali plastici e naturali.
La problematica dell’intervento di conservazione e restauro sul contemporaneo non è poi solo di ordine materico, ma è strettamente correlata all’artista e alla sua poetica.
Quest’ultimo gode infatti di un diritto morale imprescrittibile e non cedibile sull’opera secondo l’art. 20 della Legge sul diritto d’autore: il diritto di rivendicarne la paternità e di opporsi a qualunque genere di deformazione / mutilazione o modificazione che possano arrecare pregiudizio al suo onore ed alla sua reputazione, poiché l’integrità originaria dell’opera e la sua concezione devono restare immutate.
Ma se il mio artista intervenisse in ambienti naturali proponendo arte effimera come per Land Art o si occupasse di Arte Biodegradabile, che tipo di intervento conservativo potrebbe essere effettuato sull’opera nel garantire i diritti di tutti?
Se infatti l’intervento su di un’opera contemporanea fosse eseguito in maniera sommaria e senza fare qualche indagine, quello che potrebbe accadere è commettere una violazione al diritto morale dell’artista, generandogli un pregiudizio che lo autorizza a richiedere una tutela all’autorità giudiziaria. E ciò accade anche quando l’opera si degradi col trascorrere del tempo, e/o il suo detentore non se ne occupi correttamente.
Perché ciò che cambia davvero questo deterioramento è la percezione al pubblico: violando quelle che erano le intenzioni originali dell’artista, viene violata l’opera stessa e il suo messaggio.
Chi dirige tutte queste dialettiche potenzialmente in conflitto tra loro, è sempre l’artista.
Egli può decidere di affidare la sua opera artistica alla sopravvivenza, garantendo delle vere e proprie istruzioni riscontrabili documentalmente su come mantenere, restaurare e allestire l’opera, come intervenire per sostituire eventuali materiali organici utilizzati deperibili o consumabili.
Oppure no; e concepire, prevedere o accettare il decadimento della creazione perché parte integrante delle sue intenzioni artistiche; in questo caso restaurarla o conservarla potrebbe rappresentare una violazione all’atto creativo: se l’intenzione dell’autore è quella di creare un’opera che viva un tempo finito, tentarne la conservazione significherebbe realizzare qualcosa di diverso, ed il diritto morale d’autore verrebbe violato.
Anche raccogliere il materiale che documenti l’espressione creativa dell’artista e la sua intenzione, gli scopi che lo hanno portato ad una scelta nell’ambito della realizzazione dell’opera, piuttosto che l’altra; raccogliere la documentazione che individua i materiali utilizzati dall’artista, che indichi le motivazioni che hanno spinto quest’ultimo ad utilizzarli; che approfondisca le tecniche utilizzate per la realizzazione dell’opera e la sua ratio, è un dovere in tutela della creazione, del suo autore e di chi si occupa di mantenimento/conservazione/restauro di beni artistici; contemporanei e non.
Avv. Nicoletta Barbaglia