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Come tutelare il diritto di immagine?

Pubblicato in: Proprietà Intellettuale
di Marina Notarnicola
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Tempi duri per la tutela della privacy. Nell’epoca di Internet e dei Social network, immagini e ritratti circolano alla velocità della luce e il confine tra ciò che è lecito e illecito si fa sempre più labile. In questo articolo parleremo di diritto all’immagine, soffermandoci in particolar modo sulle seguenti tematiche:

Cos'è il diritto all'immagine?

Secondo gli artt. 10 c.c. e 96, comma 1, L. aut., è vietato ai terzi:

  • esporre;
  • pubblicare;
  • mettere in commercio il ritratto altrui – per tale intendendosi qualsiasi rappresentazione delle sue sembianze – senza il consenso, anche solo implicito, dell’interessato.

Possiamo quindi definire il diritto all’immagine come il diritto del soggetto di godere, controllare, utilizzare e concedere il proprio ritratto in modo pieno ed esclusivo. Tale diritto, rientra tra i diritti inviolabili dell’uomo riconosciuti e garantiti dall’art. 2 della Costituzione e fa parte dei c.d. diritti della personalità. Tali diritti sono connotati dai caratteri della necessarietà, imprescrittibilità, assolutezza, non patrimonialità e indisponibilità (TORRENTE, A., SCHLESINGER, P., Manuale di diritto privato, XXIV ed. a cura di F. Anelli e C. Granelli, Giuffrè Editore, pp. 124-125).

Ad oggi, non vi è dubbio che rientrino nel perimetro del diritto all’immagine i tratti salienti della fisionomia di un soggetto nella misura in cui essi siano distintivi e individualizzanti. La persona ritratta, insomma, deve poter essere “riconoscibile. Per tale motivo, la giurisprudenza tende ad ampliare sensibilmente l’ambito di applicabilità della tutela delle immagini, sino a ricomprendervi la c.d. caricatura, la figura del sosia, nonché la c.d. maschera scenica (TORRENTE, A., SCHLESINGER, P., op. cit., pp. 141-142; DELL’ARTE, S., Diritto dell’immagine nella Comunicazione d’Impresa e nell’informazione, Experta Edizioni, 2005).

La liberatoria (ovvero il consenso dell'interessato)

Presupposto indispensabile per l’esposizione o la pubblicazione dell’altrui ritratto è il consenso dell’interessato (ovvero la c.d. liberatoria). L’art. 96, co. 1, l. aut. è piuttosto chiaro nell’affermare che “Il ritratto di una persona non può essere esposto, riprodotto o messo in commercio senza il consenso di questa, salve le disposizioni dell’articolo seguente”.

Comunque,  è pacificamente ammesso che il titolare del diritto possa consentire a terzi l’utilizzo della propria immagine non solo a titolo gratuito ma anche a titolo oneroso (in quest’ultima ipotesi, in caso di revoca del consenso, è fatto salvo il diritto dell’altra parte al risarcimento del danno). In ogni caso, i contratti aventi ad oggetto il diritto dell’utilizzazione dell’altrui immagine richiedono la forma scritta ad probationem (ai sensi dell’art. 110 l. aut, infatti, La trasmissione dei diritti di utilizzazione deve essere provata per iscritto).

Il consenso alla pubblicazione della propria immagine costituisce un negozio unilaterale. A dirlo è la nostra Corte di cassazione: il negozio giuridico in questione ha per oggetto non il diritto all’immagine (che, ricordiamolo, è personalissimo ed inalienabile) ma soltanto l’esercizio di tale diritto. Sicché, sebbene possa essere occasionalmente inserito in un contratto, il consenso resta distinto ed autonomo dalla pattuizione che lo contiene ed è sempre revocabile, qualunque sia il termine eventualmente indicato ed a prescindere dalla pattuizione convenuta (In tal senso, v. Cass. civ., 29 gennaio 2016, n. 1748; Cass. civ., 6 maggio 2010, n. 10957).

Resta inteso che il consenso dell’interessato vale solo ed esclusivamente a favore di colui cui è stato prestato, in conformità con i fini, le modalità e i tempi indicati dal consenziente. Sarebbe certamente lesivo l’utilizzo che si discosti dai limiti convenuti.

In quali casi il consenso non è necessario?

Non sempre il consenso è necessario per lo sfruttamento delle immagini. L’art. 97, co. 1, l. aut. disciplina, infatti, i casi in cui la diffusione dell’altrui immagine è consentita anche senza il consenso dell’interessato, se tale pubblicazione è giustificata:

  • dalla notorietà o dalla carica pubblica ricoperta dalla persona ritratta;
  • da necessità di giustizia o di polizia;
  • da scopi scientifici, didattici e culturali;
  • dal collegamento a fatti, avvenimenti o cerimonie di interesse pubblico o svoltisi in pubblico.

In tali ipotesi, la diffusione dell’altrui immagine senza il consenso dell’interessato deve, in ogni caso, essere giustificata da esigenze di pubblica informazione. Per la Corte di cassazione, infatti, il sacrificio della riservatezza di una persona nota al pubblico può essere giustificato solo quando l’intrusione nella sfera altrui sia fondata su un interesse socialmente rilevante. Alla luce di ciò, comunque, non potranno certo essere divulgate immagini di persone note a fini di sfruttamento economico (per fare un esempio, è vietato, senza il suo consenso, l’utilizzo dell’immagine di un noto calciatore ai fini della pubblicizzazione di un prodotto commerciale, cfr. Cass. civ., 19 luglio 2018, n. 19311; TORRENTE, A., SCHLESINGER, P., op. cit., p. 142.).

In ogni caso, il ritratto non può essere esposto o messo in commercio, quando tali attività rechino pregiudizio all’onore, alla reputazione o al decoro nella persona ritratta (art. 97, co. 2, l. aut.). Divieto che, peraltro, cede di fronte al legittimo esercizio del diritto di cronaca (art. 21 Cost), purché la notizia sia essenziale e persegua il fine di soddisfare un pubblico interesse, in un’ottica di verità, continenza e pertinenza dell’informazione fornita.

Cosa fare in caso di violazione o abuso della propria immagine?

Abbiamo esaminato i casi in cui l’utilizzo dell’immagine altrui è consentito. Analizziamo ora i rimedi e il risarcimento ottenibile da chi subisce un comportamento lesivo. La violazione o l’abuso del diritto all’immagine obbliga l’autore dell’illecito:

  • all’interruzione immediata della condotta lesiva, ottenibile mediante un provvedimento di inibitoria;
  • al risarcimento del danno, sia di natura patrimoniale che non patrimoniale, ai sensi degli artt. 2043 e 2059 c.c.

Peraltro, il soggetto leso potrà senz’altro chiedere al giudice l’emanazione di un provvedimento cautelare d’urgenza (ex art. 700 c.p.c.) idoneo ad impedire la prosecuzione o il ripetersi dell’illecito.

Che fare invece nell’ipotesi in cui la propria immagine sia stata diffusa (anche da ignoti) su Internet? In tal caso, si potrà richiedere la rimozione immediata delle immagini direttamente ai service provider, mediante apposite procedure o comunque attraverso un primo inoltro di una lettera di diffida. La cancellazione delle immagini incriminate dovrà avvenire tempestivamente a seguito della segnalazione, pena la responsabilità del service provider al risarcimento del danno.

 

Gli eredi possono opporsi all'utilizzo dell'immagine del defunto?

Cosa succede alla morte del titolare del diritto? La legge stabilisce che i diritti di utilizzazione economica si trasferiscono agli eredi.

Per consentire l’utilizzo dell’immagine del defunto “occorre il consenso del coniuge o dei figli, o, in loro mancanza, dei genitori; mancando il coniuge, i figli e i genitori, dei fratelli e delle sorelle, e, in loro mancanza, degli ascendenti e dei discendenti fino al quarto grado” (v. artt. 93, co. 2 e 96, co. 2, l. aut.).

Tuttavia, è previsto che lo stesso titolare del ritratto possa, tramite testamento, determinare le sorti della propria immagine successivamente alla propria morte (v. art. 93, co 4. l. aut.).

Resta salvo il diritto degli eredi all’immediata cessazione della condotta lesiva, nonché al risarcimento del danno in caso di violazione o abuso dell’immagine del de cuius.

Riproduzione riservata ©
Data di pubblicazione: 27 Aprile 2022
Ultimo aggiornamento: 7 Settembre 2023

Marina Notarnicola

Laureata a pieni voti presso l'Università degli Studi di Pavia, Avvocato appassionata di Diritto Civile e Commerciale.
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