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Come recuperare un credito se il debitore è deceduto

Pubblicato in: Recupero Crediti
di Marina Notarnicola
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Il recupero crediti in caso di debitore deceduto richiede particolari competenze e deve essere affrontato seguendo uno specifico iter strategico. In questo articolo:

Il recupero crediti nei confronti degli eredi

Recuperare un credito, si sa, non è una passeggiata. La procedura si complica quando il debitore muore, lasciando al creditore l’onere di attivarsi per rintracciare e diffidare eventuali eredi, invitandoli al pagamento del dovuto.

Ma gli eredi sono davvero obbligati a pagare i debiti del defunto? Come si rintracciano gli eredi quando non c’è un testamento? E cosa fare se gli eredi rinunciano all’eredità?

I possibili scenari sono molteplici, ma raggiungere il risultato è possibile. In questo articolo vedremo come fare, passo dopo passo.

La fase di indagine e rintraccio degli eredi

La legge prevede che, alla morte del debitore, siano gli eredi, personalmente e in proporzione della quota ereditaria, a dover farsi carico dei debiti e dei pesi ereditari.

La prima fase, in caso di recupero crediti, consiste nel rintraccio degli eredi, operazione che può rivelarsi più o meno complessa (soprattutto quando gli eredi sono numerosi e si trovano su tutto il territorio nazionale, magari anche all’estero). Questa, ad esempio, è una delle ipotesi per cui è preferibile affidarsi all’assistenza di un avvocato. 

L’avvocato incaricato di recuperare il credito estrae i certificati storici di stato di famiglia, le visure, consulta il Registro generale dei testamenti presso gli archivi notarili etc.

Infatti, per identificare gli eredi, in alcuni casi si può fare affidamento su di un testamento (si tratta della successione c.d. testamentaria) in altri casi, quando manca un testamento, occorre invece affidarsi ai criteri stabiliti dal codice civile (si. veda l’art. “Senza testamento, quanto spetta a ciascun erede? Il calcolo della quota ereditaria”). 

In sintesi, il creditore tramite il suo avvocato dovrà necessariamente occuparsi di identificare gli eredi e di verificare se i soggetti individuati siano effettivamente obbligati al pagamento dei debiti del defunto. Vediamo esattamente come.

Che differenza c’è tra eredi e semplici “chiamati all’eredità”

Anche se sembra scontato, si può agire nei confronti dell’erede solo se quest’ultimo ha accettato l’eredità (art. 459 c.c.). Prima dell’accettazione, i soggetti designati nel testamento o legittimati a succedere per legge sono semplici “chiamati”. 

L’accettazione può essere espressa o tacita (art. 474 c.c.) ma resta, in ogni caso, un presupposto imprescindibile per pretendere il pagamento dagli eredi. 

L’assistenza di un avvocato, in questo senso, può aiutare a riconoscere le cosiddette accettazioni tacite (spesso difficili da accertare in concreto) e creare i presupposti per un’azione di recupero. Ma non è tutto.

Cosa accade in ipotesi di rinuncia o di “accettazione beneficiata”

Nel caso di accettazione pura e semplice il creditore non riscontrerà particolari problemi. Il patrimonio dell’erede si confonde con quello del debitore defunto e il creditore potrà agire per ottenere il pagamento del suo credito per l’intero.

Quando l’erede, invece, rinuncia all’eredità, egli non sarà in alcun modo tenuto a rispondere dei debiti ereditari. Inoltre, spesso accade che il chiamato accetti l’eredità con il c.d. “beneficio di inventario” (art. 470 c.c.). 

In quest’ultimo caso l’erede sarà tenuto a rispondere dei debiti del defunto esclusivamente con i beni ricevuti in eredità e nei limiti del loro valore. Insomma, l’accettazione beneficiata consente all’erede di non rischiare più di quanto ha ricevuto con il lascito. 

Sia chiaro, per ottenere tutte queste informazioni, di prassi, si inizia il recupero mediante la trasmissione di una lettera di diffida nei confronti di coloro che sono stati identificati come possibili eredi.

L'intimazione di pagamento nei confronti dell'erede e il recupero giudiziale

Avuta notizia della morte del debitore, una volta individuati gli eredi, l’avvocato del creditore procede con l’intimazione mediante l’invio di una lettera di diffida per il pagamento.

Questo passaggio è fondamentale perché servirà anche (e soprattutto) per interrompere eventuali termini di prescrizione.

Nel caso in cui gli eredi che hanno accettato l’eredità si rifiutino di pagare, il creditore potrà agire legalmente nei loro confronti chiedendo al giudice competente,  ad esempio, l’emissione di un decreto ingiuntivo, per poi procedere pignorando sia i beni ricevuti in eredità sia quelli personali dell’erede (c.d. esecuzione forzata).

Il rintraccio dei beni aggredibili, di prassi, avviene con il supporto dell’avvocato esperto di recupero crediti. Sarà possibile individuare sia beni mobili che gli immobili di proprietà degli eredi, ma anche eventuali conti correnti bancari/postali, stipendi percepiti e pensioni.

Cosa fare se il chiamato non ha ancora accettato l’eredità

All’esito di tutte le verifiche anagrafiche del caso e dopo aver trasmesso la lettera di diffida potrebbe accadere che il chiamato all’eredità risponda di non aver ancora deciso se accettare o rinunciare.

In pendenza del termine decennale, il creditore, per accelerare i tempi, potrà esperire la c.d. actio interrogatoria di cui all’art. 481 c.c.

Infatti, il diritto di accettare o rinunciare all’eredità si prescrive in dieci anni, che decorrono dal giorno di apertura della successione. 

Per non aspettare dieci anni, quindi, il creditore può domandare al giudice la fissazione di un termine entro cui i chiamati all’eredità dovranno dichiarare se intendono accettare o rinunciare. 

In ogni caso, nel frattempo, l’asse ereditario può essere gestito tramite il c.d. curatore dell’eredità giacente. Il creditore può infatti sia chiederne la nomina che soddisfarsi sui beni ereditari in giacenza. Vediamo come. 

Il ruolo del curatore dell’eredità giacente

Tra l’apertura della successione e l’accettazione dei chiamati, sorge l’esigenza di chiedere la nomina di un curatore dell’eredità (art. 528 c.c.) per evitare, tra l’altro, che i beni vadano dispersi.

Del resto, nel caso in cui si decidesse di incardinare una procedura esecutiva nel periodo suddetto, sarà il curatore dell’eredità giacente a “subirla” (tant’è che gli atti verranno notificati direttamente a quest’ultimo).

Il creditore può chiedere al Giudice competente la nomina di un curatore dell’eredità quando:

  • i chiamati non hanno ancora accettato l’eredità;
  • non è stato possibile rintracciare chiamati all’eredità (che  potrebbero potenzialmente esistere);
  • tutti i chiamati hanno rinunciato all’eredità;

Il curatore dell’eredità ha il ruolo di garantire l’integrità e la conservazione del patrimonio ereditario nel periodo che intercorre tra l’apertura della successione (cioè dalla morte del de cuius) e la possibile accettazione da parte dell’erede. 

Indirettamente, quindi, la collaborazione e il ruolo del curatore risultano centrali per aumentare le possibilità di ottenere la soddisfazione del credito.

Riproduzione riservata ©
Data di pubblicazione: 20 Ottobre 2022
Ultimo aggiornamento: 7 Settembre 2023

Marina Notarnicola

Laureata a pieni voti presso l'Università degli Studi di Pavia, Avvocato appassionata di Diritto Civile e Commerciale.
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