Tali denominazioni però non sarebbero ammesse alla registrazione come marchi in quanto carenti dell’indispensabile requisito della capacità distintiva.
Un caso che sta facendo molto discutere è quello del marchio “SUPREME” della Chapter 4. Infatti, la società del noto brand, ha visto il rigetto del proprio marchio da parte dell’Ufficio europeo EUIPO sulla base del disposto dell’articolo 7 par. 1, lettera b) e c) del RMUE.
L’articolo 7 par. 1, b) e c) dispone che:
“Sono esclusi dalla registrazione:
L’ufficio ha formato il proprio convincimento sulla basa del fatto che:
“i consumatori di riferimento percepirebbero il segno come contenente informazioni del fatto che i prodotti e servizi richiesti (borse, borsette, valigette, articoli di abbigliamento, servizi di vendita al dettaglio per articoli di abbigliamento ecc.) sono di massima qualità. Pertanto, il consumatore di riferimento, nonostante la presenza di alcuni elementi stilizzati (consistenti in caratteri bianchi alquanto comuni e perfettamente leggibili, su sfondo rosso rettangolare), percepirebbe il segno come in grado di fornire informazioni sulla qualità dei prodotti e servizi in questione”,
Inoltre, secondo l’esaminatore, il marchio “sarebbe percepito dal pubblico di riferimento come un messaggio promozionale elogiativo il cui proposito è quello di indicare una caratteristica dei prodotti e servizi. Inoltre, in questo caso il pubblico di riferimento non tenderà a percepire nel segno alcuna particolare indicazione di origine commerciale che vada oltre il contenuto promozionale veicolato, che serve unicamente a evidenziare gli aspetti positivi dei prodotti e servizi in questione, ossia che essi sono della più alta qualità rispetto ad altri dello stesso tipo ma commercializzati/prodotti/forniti da un’impresa diversa”.
La discutibilissima opinione dell’Ufficio sarebbe quella secondo cui il marchio “SUPREME” potrebbe descrivere una caratteristica qualitativa del prodotto (di altissima qualità appunto) o più in generale limitarsi ad elogiare in modo bonario i prodotti contrassegnati, per promuoverli. Infine, neanche la stilizzazione grafica del prodotto sembrerebbe sufficiente, ad avviso dell’Ufficio, a caratterizzare univocamente i prodotti per definirne l’origine.
Eppure l’opinione dell’Ufficio sembrerebbe essere in contrasto con un’opinione già espressa dal Tribunale di Milano che aveva invece riconosciuto al marchio “Supreme” una vera e propria “consacrazione in termini di fama presso il pubblico“. Il che, come è noto, ha effetto anche sul marchio, in termini di capacità distintiva acquisita in forza del suo utilizzo.
Restiamo in attesa di conoscere l’esito del procedimento di appello amministrativo.
Quando si parla di capacità distintiva, essa deve essere valutata in primo luogo in relazione ai beni/servizi che esso dovrà contraddistinguere.
In riferimento all’articolo 7 par. 1 del RMUE un marchio non dovrebbe poter descrivere il prodotto. Infatti, costituisce un impedimento assoluto alla registrazione il fatto che sussista una relazione diretta e specifica tra il segno prescelto e i beni e/o servizi rivendicati. Nel nostro caso il termine “SUPREME” sembra essere stato interpretato dall’Ufficio come una mera descrizione qualitativa dei prodotti da contraddistinguere.
Vi è da dire, però, che la capacità distintiva potrebbe essere garantita anche, semplicemente, dalla stilizzazione grafica del marchio. Non vi è ragione infatti per escludere aprioristicamente che una caratterizzazione grafico-cromatica sufficientemente distintiva possa soddisfare il requisito della capacità distintiva, ovviando alla pochezza del wording utilizzato. Ci pare di poter dire che il rosso sia indubitabilmente almeno una caratteristica cruciale per il marchio “Supreme”.
In’ultima analisi, la capacità distintiva può essere acquisita anche in relazione all’uso che ne è stato fatto. Dovrà, però, essere dimostrato al giudice o all’esaminatore che sia stato ottenuto il c.d. secondary meaning. In tal modo, il significato originario di quel termine (contenuto nel marchio) sarà ormai sfumato, perché il consumatore sarà più portato a riconoscere nel marchio solo il “significato secondario” che esso veicola. Un marchio notorio, anche se originariamente descrittivo, è in grado di svolgere pienamente il suo ruolo di indicatore di origine, grazie alla percezione che di esso ha il consumatore medio. In questo senso le connotazioni grafico-cromatiche divengono centrali.
Alcune diciture servono a descrivere delle caratteristiche specifiche del prodotto (ad es. “4×4” oppure turbo nelle automobili). Altre diciture servono invece soltanto ad esaltarlo genericamente (es. Iper, extra, maxi).
Sembra più che legittimo il fatto che un’impresa desideri conferire un’immagine positiva ai propri prodotti anche attraverso il wording eletto per il marchio. Resta inteso che, per Legge, non sarà comunque possibile monopolizzare una generica esaltazione terminologica, ma soltanto una sua specifica declinazione grafico-cromatica. Quella che è divenuta nota ai consumatori e che quindi viene più agevolmente riconosciuta da questi ultimi.
Del resto, vi è una certa differenza tra il concetto di descrizione del prodotto di cui all’art. 7 par. 1, c) RMUE e quello di una più generica evocazione di sue fantasmagoriche qualità. Magari esaltata da apposite operazioni di co-branding o grazie all’intervento di testimonial ed influencer.
* * *
Lo studio Canella Camaiora si occupa quotidianamente di registrazione marchi e di consulenza multidisciplinare dedicata a questa tematica. Vi invitiamo a visitare la pagina del nostro sito dedicata al diritto dei marchi oppure a contattarci su questo argomento.
Gianluca Verzi