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Comprendere il valore delle diverse generazioni e il potenziale del loro equilibrio tra conoscenza e innovazione è fondamentale per affrontare le sfide dell’innovazione, anche in ambiti come la proprietà intellettuale e la tecnologia. La Generazione Z e i Millennial apportano nuove prospettive e capacità di adattamento, mentre i Boomer e la Generazione X offrono competenze costruite nel tempo e resilienza. Partendo dal principio di “fallibilità” di Karl Popper e dal concetto di “panta rei” di Eraclito, l’articolo indaga come ogni generazione porti con sé specifici bias e sfide, ma anche punti di forza unici. Viene analizzata inoltre la “nuova generazione” delle macchine, con i suoi rischi e opportunità, ricordando che anche la tecnologia richiede un uso consapevole e una supervisione umana costante. In sintesi, il vero progresso si realizza attraverso l’equilibrio tra conoscenza ed evoluzione, dove innovazione e tradizione si rafforzano reciprocamente per costruire un futuro più adattabile e inclusivo.
Nel settore della proprietà intellettuale e della tecnologia, dove l’innovazione è essenziale per mantenere la competitività, riconoscere e valorizzare il contributo delle diverse generazioni è fondamentale. Ogni generazione porta con sé valori, approcci e conoscenze che, se integrati, contribuiscono a un ambiente di lavoro capace di affrontare le sfide dell’innovazione e della protezione delle idee. La cooperazione tra generazioni diverse può dare vita a team completi e resilienti.
Ognuna di queste generazioni ha sviluppato un approccio distintivo, influenzato dai cambiamenti vissuti e dalle esperienze maturate:
Infine, la Generazione Z (1997-2012) è oggi la più diversificata dal punto di vista etnico e culturale, portando con sé una spiccata sensibilità per la diversità e l’inclusività. Abituati fin dall’infanzia a interagire in un mondo multiculturale e globalizzato, i giovani di questa generazione danno priorità a valori come la giustizia sociale e l’accesso equo alle opportunità, elementi che considerano indispensabili in un ambiente lavorativo (si v. Are You Ready for Gen Z in the Workplace? in BerkeleyHaas – California Management Review 2019, Vol. 61.3, 5–18).
Mentre i lavoratori più anziani contano sull’esperienza e su pratiche collaudate, i più giovani preferiscono rompere le regole e sperimentare nuovi approcci, portando freschezza e innovazione. Le neuroscienze e la psicologia confermano che memoria e creatività sono processi cerebrali differenti ma complementari: Daniel Schacter, psicologo cognitivo, ha approfondito l’importanza della memoria a lungo termine per richiamare rapidamente informazioni rilevanti e prendere decisioni basate sull’esperienza (Searching for Memory, 1996). Mihaly Csikszentmihalyi, conosciuto per il concetto di “flow”, sostiene che la creatività nasce dalla capacità di vedere connessioni inedite, essenziale nei contesti aziendali per sfidare le norme e proporre soluzioni nuove (Creativity: Flow and the Psychology of Discovery and Invention, 1997).
Sul piano organizzativo, studi recenti pubblicati da Harvard Business Review indicano che le aziende più innovative sono spesso quelle che favoriscono team intergenerazionali (How to Manage Generational Differences in the Workplace, HBR, 2019). In questi gruppi, i lavoratori con più esperienza offrono stabilità e direzione, richiamando velocemente soluzioni già testate, mentre i giovani portano prospettive fresche, stimolando il pensiero fuori dagli schemi. Quali sono, quindi, le modalità organizzative più efficaci per realizzare questa integrazione nelle imprese?
È un dato di fatto: la conoscenza è un superpotere. Possedere più informazioni, consolidate e pronte all’uso, permette di affrontare le sfide con velocità ed efficacia. Questo concetto è ben illustrato nel film Limitless (2011), dove il protagonista Eddie Morra, interpretato da Bradley Cooper, riesce a sbloccare il potenziale latente della propria mente grazie a una pillola sperimentale, l’NZT-48. Questa sostanza consente a Eddie di accedere istantaneamente a tutti i ricordi, le informazioni e le abilità mai apprese, migliorando al contempo la sua capacità di ragionamento. Eddie diventa capace di risolvere situazioni complesse e di avere successo nei contesti più diversi, grazie alla rapidità e precisione con cui può attingere al proprio vasto deposito di conoscenze. Sebbene questo sia un espediente di finzione, il film illustra perfettamente come la capacità di recuperare conoscenze e metterle in pratica in modo efficace e tempestivo rappresenti, in un certo senso, un “superpotere” nel mondo reale.
Le neuroscienze e la psicologia cognitiva confermano l’importanza di avere un accesso rapido e organizzato alla conoscenza per prendere decisioni efficaci. Eric Kandel, premio Nobel per le sue scoperte sulla memoria, ha dimostrato che la capacità del cervello di memorizzare e recuperare informazioni dipende dalla solidità delle connessioni sinaptiche, che si rafforzano attraverso l’esperienza e l’apprendimento continuo (In Search of Memory: The Emergence of a New Science of Mind, 2006). La ricerca suggerisce quindi che una maggiore esperienza non solo amplifica il bagaglio di informazioni cui si può attingere, ma rafforza anche la capacità di organizzare e richiamare rapidamente le conoscenze, migliorando le prestazioni in contesti decisionali; quindi, mai sottovalutare i boomer!
In ambito aziendale, un accesso rapido alle informazioni e la capacità di sfruttarle al momento giusto possono fare la differenza, soprattutto per la “generazione regnante” (Boomer e, in parte, Generazione X), composta da professionisti che hanno accumulato un’enorme quantità di conoscenze. Tuttavia, una conoscenza consolidata non è sempre garanzia di successo. Se il contesto cambia rapidamente, le informazioni acquisite nel passato possono perdere rilevanza, o addirittura risultare inadeguate (Dynamic capabilities and competence obsolescence: empirical data from research-intensive firms,Wolfgang H. Güttel, Stefan Konlechner, 2007).
È proprio in questa prospettiva che si manifesta una delle difficoltà più comuni per i membri delle generazioni mature o anziane: accettare che il mondo evolve e che le conoscenze accumulate possono non essere più valide o, addirittura, necessarie. La scienza evidenzia che, in un contesto dinamico, è essenziale sviluppare la capacità di adattarsi a nuovi paradigmi e di rimettere in discussione anche i principi più consolidati. Il che non è per nulla scontato.
Pensare “out of the box”, ovvero senza preconcetti e con una mentalità flessibile, è una qualità sempre più apprezzata nel contesto lavorativo. Tuttavia, questa capacità è influenzata dall’ambiente in cui ciascuna generazione è cresciuta. Le generazioni più anziane, cresciute in un periodo di maggiore stabilità economica e professionale, tendono a lavorare all’interno di schemi consolidati, spesso senza rendersene conto. Non si tratta di una mancanza: sono approcci derivanti dal contesto in cui hanno costruito le loro carriere. Le nuove generazioni, al contrario, hanno dovuto sviluppare una mentalità orientata all’innovazione e al superamento delle convenzioni, poiché il contesto dinamico e le sfide economiche impongono di emergere attraverso soluzioni non convenzionali.
Le ricerche in ambito sociologico e psicologico dimostrano che l’accesso a un’enorme quantità di informazioni e la familiarità con la tecnologia spingono i giovani ad avere un approccio più esplorativo e meno vincolato dalle strutture tradizionali. Jean Twenge, psicologa specializzata nello studio delle nuove generazioni, osserva che i Millennial e la Generazione Z possiedono una naturale inclinazione verso autosufficienza e indipendenza, forgiata da un mondo dove il cambiamento e l’incertezza sono costanti (Generation Me, 2006). Questa predisposizione ad adattarsi al nuovo e a mettere in discussione lo status quo ha un profondo valore in un ambiente aziendale che richiede innovazione continua.
Inoltre, lo sviluppo tecnologico ha permesso alle nuove generazioni di avere accesso a una quantità di informazioni mai vista prima. L’avvento dei motori di ricerca e dei social media ha trasformato il modo di accedere e condividere le informazioni, rendendo i giovani più consapevoli delle alternative e delle possibilità esistenti. Studi pubblicati da Pew Research Center evidenziano come l’accesso illimitato a dati e informazioni online abbia modificato l’approccio delle nuove generazioni, rendendole più propense a esplorare strade alternative (How Millennials and Gen Z Are Changing the Way We Work, Pew Research Center, 2019). Tuttavia, questo stesso accesso a una conoscenza così ampia comporta una responsabilità: quella di saper valutare l’innovazione senza cedere alla presunzione che “nuovo sia necessariamente migliore”.
Un altro fattore che ha contribuito a plasmare il pensiero non convenzionale delle nuove generazioni è il contesto economico sfidante in cui si sono trovate a emergere. A differenza delle generazioni precedenti, che hanno goduto di periodi di prosperità economica, i Millennial e la Generazione Z si sono affacciati a un mercato del lavoro segnato da crisi e incertezze. Questo ha portato a un cambiamento nei valori e nelle strategie professionali: piuttosto che puntare su mitologiche carriere stabili e lineari, queste generazioni hanno imparato a destreggiarsi tra incarichi diversi e a sviluppare una mentalità imprenditoriale, sfruttando ogni occasione per trovare soluzioni innovative. Secondo uno studio di Deloitte, le nuove generazioni mostrano una forte tendenza a esplorare percorsi di carriera alternativi e a ricorrere al “pensiero laterale” per superare le barriere (Global Millennial Survey, Deloitte, 2020).
Questa attitudine “out of the box” rappresenta un valore immenso per le aziende, ma richiede anche equilibrio. Se è vero che l’innovazione nasce spesso dalla messa in discussione delle norme consolidate, è altrettanto importante non cadere nell’errore di presumere che tutto ciò che è nuovo sia automaticamente migliore. Il pensiero innovativo delle giovani generazioni, infatti, raggiunge il suo massimo potenziale quando si combina con la saggezza e la conoscenza accumulata delle generazioni più anziane, creando un equilibrio che consente di valutare i cambiamenti con occhio critico e di adottare solo le innovazioni realmente vantaggiose.
Il filosofo della scienza Karl Popper ci ha insegnato che ogni conoscenza è provvisoria e che il vero progresso nasce dalla consapevolezza di poter sbagliare. Questo principio di fallibilità vale per tutti: sia per chi ha accumulato anni di esperienza, sia per chi porta freschezza e innovazione. Entrambe le generazioni, infatti, sono soggette a bias che possono influenzare la loro capacità di giudizio.
Per la “generazione regnante”, quella dei Boomer, uno dei rischi principali è il bias del successo. Cresciuti in un periodo di crescita economica costante e prosperità, tendono a considerare certi risultati come conquiste personali, senza riconoscere che, spesso, erano il riflesso di un contesto economico favorevole. Questo li porta a sovrastimare l’efficacia dei metodi tradizionali (e il loro effettivo apporto), rischiando di trascurare la necessità di evolversi in un mercato che cambia rapidamente.
Le nuove generazioni – dai Millennial alla Generazione Z – possono invece cadere in un bias opposto: la convinzione che tutto ciò che è stato costruito in passato sia superato e quindi da sostituire. Sebbene l’innovazione sia fondamentale, non tutte le conoscenze del passato sono obsolete. Alcuni principi universali, rimangono validi indipendentemente dal tempo: pensiamo alla legge di gravità, che difficilmente verrà screditata. Anche la gestione delle persone, con le sue sfumature psicologiche e relazionali, è un campo in cui l’esperienza accumulata rappresenta un valore inestimabile. Chi ha vissuto di più in contesti collaborativi possiede una conoscenza approfondita delle dinamiche di gruppo e delle reazioni umane, utile per prevenire e gestire i conflitti.
In questo scenario intergenerazionale, una “nuova generazione” ha fatto il suo ingresso: quella delle macchine. Le tecnologie di intelligenza artificiale, ormai sempre più presenti nella generazione di contenuti e nel supporto decisionale, offrono grandi potenzialità ma anche rischi. Un fenomeno noto è quello delle “allucinazioni” delle AI, ovvero la produzione di risposte errate o prive di fondamento. Per quanto avanzate, le macchine restano fallibili e i loro contenuti richiedono una supervisione costante da parte dell’uomo (sui rischi, sulla responsabilità editoriale nel contesto dell’AI Act, si v. “Dal plagio al rischio di manipolazione del pubblico:i deep fake” di A. Canella). In un contesto di accelerazione tecnologica senza precedenti, questa consapevolezza ci ricorda che anche gli strumenti più potenti vanno utilizzati con prudenza e controllo.
A questo punto, un’altra lezione fondamentale ci arriva da Eraclito, il filosofo che ha introdotto il concetto di “panta rei”, ossia “tutto scorre”. Nulla è permanente; tutto è soggetto a cambiamento, e il vero equilibrio sta nel saper accogliere questa dinamicità. È un messaggio particolarmente importante per la “generazione regnante”, che a volte ha guardato con scetticismo le generazioni più giovani, sottovalutando le difficoltà di una perenne crisi – o perma-crisi – che caratterizza il contesto attuale. Il mondo di oggi è profondamente diverso da quello in cui i Boomer hanno costruito le loro carriere: cambiamenti tecnologici, crisi economiche e rapide evoluzioni sociali impongono un atteggiamento flessibile, oggi più che mai necessario per affrontare un futuro incerto.
Il successo in settori complessi come la tecnologia – in rapporto alla proprietà intellettuale – dipende soprattutto dalla capacità di bilanciare conoscenze consolidate e di apertura al nuovo. Tutto scorre. Abbracciare il cambiamento non è solo un atto di accettazione necessaria, ma un imperativo per chiunque voglia continuare a evolversi, specialmente oggi, in un mondo che cambia con un’accelerazione senza precedenti.
Avvocato Arlo Canella