Con l’ordinanza n. 31359/2019 la Corte di Cassazione ha accolto il ricorso presentato da una ex moglie a causa di un assegno di divorzio troppo basso.
I giudici hanno ribadito che nel calcolo dell’assegno (dovuto al coniuge economicamente più debole) occorre valutare:
Nell’ordinanza in esame i giudici della Suprema Corte hanno rilevato che l’assegno di divorzio non era stato determinato correttamente. Infatti, i giudici della Corte d’Appello di Roma non avevano considerato che la richiedente aveva dedicato la sua vita al benessere della famiglia, rinunciando anche agli studi.
La Signora aveva rinunciato all’Università per potersi occupare della figlia. In questo modo aveva consentito alla famiglia di non doversi affidare ad una baby-sitter, risparmiando così del denaro.
L’aver rinunciato agli studi ovviamente ha inciso anche sulla capacità di generare reddito da parte della moglie-madre. È innegabile infatti che il conseguimento di una Laurea le avrebbe consentito di poter puntare ad una remunerazione più alta e, quindi, a ritagliarsi un ruolo di maggior prestigio sul mercato del lavoro.
Abbiamo visto come la Corte di Cassazione nel 2018 abbia sganciato la determinazione dell’assegno di divorzio dal tenore di vita goduto in costanza di matrimonio.
Questo cambio di passo è dovuto proprio alla volontà di valorizzare il contributo personale effettivo di ciascuno degli ex coniugi in favore della famiglia.
La funzione dell’assegno di divorzio in favore del coniuge economicamente più debole è quindi di carattere sia assistenziale sia perequativo.
La giurisprudenza, giorno dopo giorno, sta provando a chiarire sempre più accuratamente in cosa consista il citato “criterio composito” per la determinazione dell’assegno di divorzio.
Ad oggi tutte le pronunce confermano che in sede di determinazione dell’assegno i sacrifici e le scelte fatte dai coniugi nell’interesse della famiglia non possono essere trascurati e dimenticati, incidendo profondamente sul calcolo dell’assegno stesso.
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Mariasole Trotta