Assistenza per l'affidamento diretto negli appalti grazie alla protezione brevettuale.
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I brevetti possono, in determinate condizioni chiarite dall’ANAC, giustificare l’affidamento diretto di una fornitura in un appalto pubblico. Ma cosa prevede esattamente la legge?
Nel diritto italiano, il Codice della Proprietà Industriale (D.Lgs. 10 febbraio 2005, n. 30) sancisce i diritti esclusivi derivanti dalla registrazione di brevetti, marchi, disegni industriali e altri segni distintivi. L’articolo 66, riguardo ai brevetti, stabilisce che:
“I diritti di brevetto per invenzione industriale consistono nella facoltà esclusiva di attuare l’invenzione e di trarne profitto nel territorio dello Stato, entro i limiti ed alle condizioni previste dal presente codice.“
Uno degli effetti pratici di questa esclusiva emerge nel contesto degli appalti pubblici, specialmente quando si intende ricorrere a una procedura negoziata senza pubblicazione di un bando, ai sensi dell’articolo 76 del Codice dei Contratti Pubblici (D.Lgs. 36/2023), entrato in vigore il 1º luglio 2023.
Procedura negoziata senza pubblicazione di un bando: “1. Le stazioni appaltanti possono ricorrere a una procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando o avviso nei seguenti casi:
[…]
b) quando, per ragioni tecniche, artistiche o attinenti alla tutela di diritti esclusivi, il contratto possa essere affidato unicamente a un operatore economico determinato…“
Questo significa che la tutela di diritti esclusivi, inclusi i brevetti, può giustificare l’affidamento diretto di un appalto pubblico, ma solo in presenza di condizioni specifiche.
Secondo quanto stabilito dall’art. 76 del nuovo Codice dei Contratti Pubblici (D.Lgs. 36/2023), un’amministrazione può ricorrere alla procedura negoziata senza bando in circostanze specifiche, come quando, per motivi tecnici o artistici o per ragioni legate alla tutela di diritti esclusivi, il contratto può essere eseguito unicamente da un determinato operatore economico. In tale contesto, un brevetto rappresenta un “diritto esclusivo” che limita la concorrenza, rendendo un determinato operatore l’unico in grado di fornire quel bene o servizio.
La casistica è molto più comune di quanto si creda. Si pensi al caso di un comune che necessita di un software per gestire compiti amministrativi, e tale software è protetto da brevetto (sulla brevettabilità dei software leggi “Gli strumenti di tutela legale del software”) che sia protetto da brevetto. In una situazione del genere, non è possibile indire una gara d’appalto: un eventuale bando richiederebbe di fornire prodotti o servizi che, per legge e per diritto, sono in esclusiva disponibilità di un solo soggetto. È proprio questa esclusiva che elimina la concorrenza e permette di preferire aprioristicamente un’impresa rispetto alle altre.
Questo tipo di affidamento diretto si fonda su una ratio normativa precisa:
Tuttavia, questa flessibilità non è priva di rischi. Come si può essere certi che l’affidamento diretto sia veramente giustificato e non diventi una scappatoia per eludere la concorrenza? Qui entra in gioco l’ANAC, l’Autorità Nazionale Anticorruzione.
La giurisprudenza italiana, insieme alle indicazioni dell’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC), ha fornito linee guida dettagliate su come interpretare la possibilità di ricorrere alla procedura negoziata in presenza di brevetti e altri diritti esclusivi. In un parere pubblicato dall’ANAC, viene ribadito che l’utilizzo della procedura negoziata senza bando deve essere condotto con estrema rigore e trasparenza e può essere giustificato solo quando l’esistenza di diritti di proprietà industriale rende effettivamente impossibile qualsiasi forma di concorrenza. Questo implica che l’amministrazione appaltante deve dimostrare in modo inequivocabile che solo l’operatore titolare del brevetto o del diritto esclusivo è in grado di fornire quel particolare prodotto o servizio.
Inoltre, l’ANAC sottolinea che la decisione di utilizzare questa procedura deve essere adeguatamente motivata, con una documentazione che giustifichi chiaramente l’assenza di alternative competitive. Il ricorso alla procedura negoziata non deve diventare un espediente per aggirare i principi di concorrenza e trasparenza che regolano gli appalti pubblici. Qualsiasi deroga alle procedure ordinarie deve essere vista come un’eccezione e non come la regola.
Ma cosa accade se l’ente pubblico utilizza la procedura negoziata senza rispettare queste prescrizioni? Le conseguenze possono essere gravi.
In caso di affidamento diretto ai profili di rischio ai sensi dell’art. 76 del D.Lgs. 36/2023 (già art.63 D.Lgs. 50/2016) i profili di rischio per l’ente pubblico — e in particolare per figure chiave come il Sindaco, il Segretario Comunale e il Dirigente, nel caso di un comune — sono molteplici e possono assumere connotazioni amministrative e penali. Se la vicenda arrivasse davanti a un Tribunale, la prima questione che il giudice si troverebbe a valutare è la fungibilità del bene o servizio esclusivo acquistato. Se si determina che il bene era, in realtà, sostituibile con alternative equivalenti, si potrebbe configurare un danno erariale per l’ente pubblico, la cui entità dipenderà dalle specifiche circostanze e dalle condizioni che hanno caratterizzato la condotta.
Pertanto, in caso di affidamento diretto, è essenziale considerare attentamente i reali motivi che giustificano la scelta dell’amministrazione. Le motivazioni devono andare oltre la semplice valutazione di aspetti economici o della migliore offerta tecnica. È necessario garantire che sussistano tutti i requisiti previsti dalla legge per evitare la gara d’appalto, attraverso un’analisi tecnico-legale approfondita che metta da un lato le necessità concrete dell’ente e dall’altro la capacità del prodotto, protetto da brevetto, di rispondere in modo unico o superiore alle esigenze rispetto alle altre soluzioni disponibili sul mercato.
Un rischio ulteriore che l’ente pubblico potrebbe affrontare è quello del lock-in. Questo fenomeno si verifica quando, alla scadenza di un contratto d’appalto concluso con le modalità sopra descritte, l’ente desidera continuare a utilizzare i prodotti o i servizi forniti fino a quel momento. In tali casi, la predisposizione della documentazione di gara deve seguire un processo ben strutturato volto a mantenere la concorrenza nel mercato e a evitare il lock-in.
La stessa Commissione Europea ha definito il lock-in come una situazione in cui “l’amministrazione non può cambiare facilmente fornitore alla scadenza del periodo contrattuale perché non sono disponibili le informazioni essenziali sul sistema che consentirebbero a un nuovo fornitore di subentrare al precedente in modo efficiente”. Il concetto di lock-in rappresenta quindi una situazione in cui una stazione appaltante rimane vincolata a un fornitore a causa di scelte precedenti o di comportamenti strategici da parte di quest’ultimo.
L’ANAC ha fornito indicazioni su come le stazioni appaltanti dovrebbero gestire situazioni di presunta infungibilità nelle procedure di gara, suggerendo anche misure preventive per evitare il lock-in, specialmente nei settori più esposti a tale rischio. Per valutare correttamente l’operato dell’amministrazione, l’ANAC ha chiarito i concetti di esclusiva e infungibilità, distinguendo tra i due termini. L’esclusiva si riferisce alla presenza di privative industriali, come i brevetti, che conferiscono un diritto esclusivo di sfruttamento economico; l’infungibilità, invece, riguarda la capacità di un bene o servizio di soddisfare un bisogno specifico, indipendentemente dalla presenza di un brevetto.
Solo in presenza di infungibilità si può procedere con un affidamento diretto o bandire una gara che richieda l’utilizzo di specifici prodotti, fino a giustificare l’impiego di determinati marchi nelle offerte delle imprese appaltatrici.
Il contesto complesso e specializzato degli appalti pubblici, combinato con i rischi associati a queste procedure, rende fondamentale rivolgersi a professionisti esperti per evitare che una procedura, anche correttamente avviata, si trasformi in una condotta che limiti la concorrenza e comporti responsabilità per l’amministrazione appaltante. Allo stesso modo, un’impresa che intenda offrire servizi e prodotti alla pubblica amministrazione potrebbe dover riconsiderare il bilanciamento tra il segreto aziendale e la registrazione di un brevetto. Quest’ultimo, infatti, potrebbe rivelarsi una leva di negoziazione diretta, ma solo con il supporto di un esperto che possa valutare e consigliare sull’effettiva efficacia e preferibilità di tale strategia.
Gabriele Rossi