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SEPARAZIONE E AFFIDAMENTO CONDIVISO… DEGLI ANIMALI DOMESTICI

Pubblicato in: Famiglia
di Daniele Camaiora
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Quando una coppia si separa, è possibile che il Giudice prenda dei provvedimenti anche in merito all’affidamento degli animali domestici.

Premettiamo che la legislazione in materia è ancora molto lacunosa: basti pensare che l’Italia – con legge 04/11/2010, nr. 201 – ha ratificato la “Convenzione europea per la protezione degli animali da compagnia” (stipulata a Strasburgo il 13 novembre 1987), eppure fino a neanche 1-2 anni fa ci si poneva il dubbio se fossero pignorabili o meno anche gli animali da compagnia (ai fini del presente contributo, eviteremo scientemente di parlare di mandrie, greggi, eccetera). L’affidamento degli animali domestici in sede di separazione e divorzio è un tema – oggi – molto controverso. Vediamo perchè.

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Gli animali domestici sono parificati ai figli minori o maggiorenni non autosufficienti?

Almeno per quanto riguarda i cc.dd. “animali da compagnia” («ogni animale tenuto, o destinato ad essere tenuto dall’uomo, in particolare presso il suo alloggio domestico, per suo diletto e compagnia», cfr. Convenzione sopra richiamata), possiamo serenamente affermare che l’equiparazione ai figli (minori/maggiorenni non autosufficienti) è sempre più evidente.

Come sta avvenendo questo cambio di rotta? Vediamolo assieme.

Fino ancora all’inizio di quest’anno (cfr., per esempio, Trib. di Como, provvedimento del 03 febbraio), i Magistrati di merito – in permanente assenza di una specifica previsione normativa sul punto (una proposta di legge giace in Parlamento da molti anni) – erano soliti sostenere che, nel caso di separazione consensuale tra i coniugi, le parti possono liberamente accordarsi in merito alla frequentazione e al mantenimento del proprio cane. Tale accordo, inoltre, deve considerarsi meritevole di tutela da parte dell’ordinamento in quanto non urta con alcuna norma imperativa di Legge, né con principi di ordine pubblico.

D’altro canto, nell’ipotesi in cui ci sia contrasto tra i coniugi (separazione contenziosa), i giudici della separazione si dichiaravano per lo più non tenuti a occuparsi dell’ assegnazione degli animali da compagnia all’uno o all’altro, né della loro relazione con gli stessi.

Gli animali (per lo meno quelli da compagnia), oggi, non sono più considerati “cose”, bensì per quello che effettivamente sono (ovverosia “esseri senzienti”).

La conflittualità sulla gestione degli stessi è un tema di sempre maggiore attualità, e casi come quello in esame si verificano sempre più di frequente.

È quindi senza dubbio legittima facoltà dei coniugi (in sede di separazione) quella di regolarne la collocazione presso l’uno o l’altro domicilio.Così come legittima è la facoltà di disciplinare le modalità che ciascuno dei proprietari dovrà seguire per il mantenimento dell’animale.

I precedenti in materia di affidamento degli animali domestici

Il Tribunale comasco sopra citato, a ben vedere, non è stato così innovativo.

La prima sentenza “dirompente” in materia sembra essere quella emessa dal Tribunale di Cremona nell’ormai lontano 11 giugno 2008. Il giudice aveva equiparato, infatti, gli animali domestici ai figli minori.

Ai cani della coppia, inoltre, venivano estese le garanzie previste per l’affido condiviso della prole, ossia:

  • invito alle parti affinché trovassero un accordo che garantisse di potersi prendere cura congiuntamente dei due cani;
  • obbligo di ripartizione al 50% delle spese per il mantenimento degli animali.

Tuttavia, l’orientamento prevalente (del Tribunale di Milano in primis) continua ad essere contrario a tale impostazione. In particolare, la giurisprudenza sostiene che – non essendo (ancora) previsto nel nostro ordinamento l’istituto giuridico dell’affidamento degli animali domestici – non sia compito del Giudice della separazione occuparsi del loro affidamento. Mentre, nulla osta a “benedire” con l’omologazione un eventuale accordo fra i litiganti sul punto.

L’evoluzione giurisprudenziale sull’affidamento degli animali domestici

La Giurisprudenza sul punto, però, si sta pian piano evolvendo sostituendosi – come spesso accade – all’inerte Legislatore.

Poiché «Nel nostro ordinamento manca una norma di riferimento che disciplini l’affidamento di un animale domestico in caso di separazione dei coniugi o dei conviventi», il Tribunale di Roma (15 marzo 2016, sent. nr. 5322) ha ritenuto di “andare oltre”.

Il Giudice ha optato per l’affido condiviso di un cagnolino di nove anni. I due ex conviventi erano, infatti, giunti alle vie legali per stabilire chi dovesse prendersene cura.

Quasi come avrebbe fatto per un minore, il Giudice monocratico romano si è spinto nel dettaglio della gestione dell’animale.

Il cane, infatti, vivrà sei mesi con l’uno e sei mesi con l’altra. E’ stata inoltre prevista la «facoltà per la parte che nei sei mesi non lo avrà con sé, di vederlo e tenerlo due giorni la settimana, anche continuativi, notte compresa».

La turnazione comincerà con la ex convivente, che per tre anni è stata privata dell’ex convivente di vedere il cane. L’ex compagno, quindi, è stato condannato a pagare le spese di lite, per aver privato la ex di «un affetto fortemente percepito e privandone lo stesso cane».

Il Magistrato ha sostenuto che l’affidamento condiviso deve ritenersi «applicabile anche se le parti non erano sposate» poiché ormai si tende sempre più «ad equiparare la famiglia di fatto a quella fondata sul matrimonio».

L’inerzia del Legislatore

Un intervento normativo sul tema risulta essere ormai inevitabile.Il disegno di legge attuale introdurrebbe nel Codice Civile un articolo dedicato, il 445-ter del seguente tenore:

«In caso di separazione dei coniugi, proprietari di un animale familiare, il Tribunale, in mancanza di un accordo tra le parti, a prescindere dal regime di separazione o di comunione dei beni e a quanto risultante dai documenti anagrafici dell’animale, sentiti i coniugi, i conviventi, la prole e, se del caso, esperti di comportamento animale, attribuisce l’affido esclusivo o condiviso dell’animale alla parte in grado di garantirne il maggior benessere. Il tribunale è competente a decidere in merito all’affido di cui al presente comma anche in caso di cessazione della convivenza more uxorio».

La strada per la tutela (anche) di questi legami affettivi è ormai chiaramente tracciata.

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Riproduzione riservata ©
Data di pubblicazione: 22 Dicembre 2016
Ultimo aggiornamento: 7 Settembre 2023
Avv. Daniele Camaiora

Avvocato Daniele Camaiora

Senior Partner dello studio legale Canella Camaiora, iscritto all’Ordine degli Avvocati di Milano e Cassazionista, appassionato di Nuove Tecnologie, Cinema e Street Art.
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