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E’ possibile licenziare una madre lavoratrice?

Pubblicato in: Diritto del Lavoro
di Antonella Marmo
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E’ indispensabile sapere che per licenziare una lavoratrice/madre non basta la giusta causa, ma serve un elemento (in più): la colpa grave della dipendente.

Questo è, infatti, il principio ribadito dalla Corte di Cassazione (Cass Civ. 2004/17), chiamata a pronunciarsi sul licenziamento irrogato ad una madre lavoratrice per “assenza ingiustificata“.

Il caso della lavoratrice madre

Nella vicenda, la lavoratrice (già licenziata e poi riammessa in servizio) era stata trasferita in un nuovo ufficio.

Tuttavia non si era ripetutamente presentata, facendo registrare un’assenza ingiustificata di oltre sessanta giorni consecutivi.

Per questo motivo, il datore di lavoro aveva deciso di licenziarla, invocando l’assenza arbitraria della lavoratrice (come previsto dal contratto collettivo nazionale).

La donna ha impugnato il licenziamento giungendo sino innanzi alla Suprema Corte di Cassazione.

Ha richiesto infatti la nullità del licenziamento per violazione della normativa a tutela della maternità (art. 54 d.lgs. n. 151/2001) ove espressamente viene previsto che le lavoratrici non possono essere licenziate dall’inizio del periodo di gravidanza […] fino al compimento di un anno di età del bambino, ad eccezione del caso della colpa grave.

La decisione della Corte di Cassazione sulla lavoratrice

I Giudici di primo e di secondo grado le avevano dato torto.

Questo perché l’assenza arbitraria è una di quelle cause di licenziamento che sono applicabili proprio in quanto previste in chiaro dal contratto collettivo nazionale.

I Giudici della Suprema Corte si sono invece spesi a favore della mamma lavoratrice, richiamando principi noti e la decisione della Corte Costituzionale in materia (cfr. Corte Cost. n. 61/1991). La Cassazione ha precisato che non si può rimandare ciecamente ad una situazione prevista solo in astratto dal contratto collettivo, “essendo invece necessario verificare se sussista quella colpa specificamente prevista dalla suddetta norma e diversa per l’indicato connotato di gravità» (Cass Civ. n. 2004 del 2017).

L’oggetto di valutazione per il Giudice di merito «deve estendersi ad un’ampia ricostruzione fattuale del caso concreto e alla considerazione della vicenda espulsiva nella pluralità dei suoi diversi componenti».

La palla torna quindi al giudice del rinvio che dovrà indagare sulla sussistenza (o meno) della colpa grave valutando se la sanzione del licenziamento sia proporzionata alla condotta – reale e concreta – della lavoratrice.

La tutela della madre cha lavora

Insomma la tutela rafforzata, che si sostanzia in un vero e proprio divieto di licenziamento, non può essere banalmente superata dalla contrattazione collettiva. Ovviamente però ogni valutazione sull’effettiva gravità della condotta deve essere demandata ad una valutazione “caso per caso” normalmente affidata ai giudici di merito.

E’ chiaro che nonostante tali super-garanzie, risulterebbe davvero difficile poter delegittimare un licenziamento a fronte di un’assenza prolungata davvero arbitraria, nel senso di non giustificata né giustificabile, oltre che sfornita di quegli accorgimenti dati dalla normale diligenza, quali il rispetto di quei canali di preavviso e comunicazione che il datore di lavoro legittimamente si aspetta. Da ogni lavoratore e lavoratrice, sia pure una da una mamma.

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Riproduzione riservata ©
Data di pubblicazione: 20 Febbraio 2017
Ultimo aggiornamento: 7 Settembre 2023

Antonella Marmo

Avvocato dello studio legale Canella Camaiora, iscritta all’Ordine di Milano, si occupa di Diritto Commerciale e del Lavoro.
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